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Da Neapolis ai Campi Flegrei, con Massimo D’Antonio viaggiamo nei luoghi vergiliani

Neapolis era la più importante città della Magna Grecia, dove gli appassionati di filosofia potevano trovare celebri maestri del tempo come Filodemo e Sirone, gare di poesia, l’arte teatrale e una lingua antica, mai dimenticata.  Mantovano, trapiantato a Roma al tempo di Ottaviano Augusto, innamorato di Napoli, per la grande passione verso la cultura greca, Publio Virgilio Marone volle esservi sepolto dopo la sua morte.

Massimo D’Antonio, scrittore e archeologo, nel suo volume “Guida ai luoghi vergiliani di Napoli e dei Campi Flegrei”, edito da Stamperia del Valentino, raccoglie storie e leggende legate a Virgilio e ai suoi miracoli, tracciando un itinerario immaginario e, tuttavia, documentato, della presenza del poeta di nei siti della Campania.

Nell’ampia premessa D’Antonio ricostruisce l’ispirazione dell’artista, facendo riferimento al contesto napoletano dentro il quale si era formata.  Prendendo come punto di riferimento il manoscritto Cronaca di Partenope, redatto intorno alla metà del XIV secolo, da un ignoto compilatore locale, filtra i racconti attraverso il tessuto magico religioso delle tradizioni popolari per ritrovare gli elementi più antichi e reali.  Una metodologia d’indagine che esamina ogni prodigio attraverso diverse prospettive, geografiche, storiche, religiose, apotropaiche, cercando di recuperarne il significato simbolico e sociologico. 

Il mito di Virgilio nacque in un’epoca di rinnovamento e di ricostruzione: dopo le guerre civili e la sconfitta di Marco Antonio e Cleopatra da parte di Ottaviano, era iniziato un periodo nuovo di stabilità e di pace e occorreva, anche a livello artistico, celebrare la gloria di Roma e del suo princeps. La cultura latina non aveva ancora rappresentanti poetici prestigiosi ed era debitrice della cultura greca. Virgilio si lasciò influenzare da epicureismo, platonismo, orfismo, ellenismo egizio, studiò le scienze aruspicine e sibilline, conobbe riti e credenze e fuse tutto nella sua poesia. 

Abbandonata la professione forense, si trasferì prima in Sicilia poi a Neapolis, culla di tanti elementi leggendari che costituiranno il fulcro dell’Eneide. Per undici anni assorbì tutta la religiosità del suo tempo, visiterà Cuma dove, forse, non troverà più la Sibilla, ma assisterà ad antiche pratiche oracolari e al vulcanismo dei Campi Ardenti, dove la forza della natura si sposa alla narrazione fantastica.

D’Antonio intreccia abilmente storia e antropologia restituendoci l’essenza del mito di Virgilio, ne svela il mistero senza privarlo di fascino, anzi, lo amplifica con i riferimenti al territorio, alle vicende politiche e culturali. Non a caso il mantovano diventerà mecenate della città e suo protettore fino all’avvento del Cristianesimo. 

Alcune fonti raccontano che sollecitò, presso l’imperatore Augusto, opere civili per migliorare la vita dei partenopei, la costruzione dell’acquedotto del Serino, ad esempio, che porterà l’acqua dall’avellinese fino a Napoli, continuando verso Pozzuoli ove andrà a riempire la piscina Mirabilis di Bacoli. Secondo una leggenda popolare, Virgilio costruì in una notte la grotta di Posillipo, detta anche Crypta Neapolitana, grande opera d’ingegneria romana che diventò via privilegiata per collegare Neapolis a Baia e Puteoli; liberò la città da mosche e serpenti, scongiurando sciagure e malefici.  

Gli itinerari vanno dal Monte Barbaro dei Campi Flegrei, dove si narra che Virgilio ritrovò un libro occulto sotto il teschio del maestro Chironte, lo stesso sottratto al suo sepolcro, simbolo di un potere oracolare tramandato da maestro a maestro, all’acquedotto augusteo e al simbolismo del pozzo, fino al giardino segreto di Montevergine. Una vera e propria mappa di sortilegi e di conoscenze che si mescolano e si sovrappongono costruendo le fondamenta della cultura partenopea.

La Guida conduce il lettore tra aneddoti e significati reconditi e non si può fare a meno di sentirsi parte di una conoscenza profonda, occultata nelle storie straordinarie, eppure viva e presente nei versi del poeta e nei luoghi della sua immaginazione. 

Nel Medioevo il mago Virgilio fu sostituito dal vescovo Ianuario, San Gennaro, ad opera della Chiesa che voleva eliminare ogni forma di paganesimo, e dei Normanni che intendevano sottomettere Napoli, sopprimendo il suo protettore, del quale profanarono le ossa. I suoi resti furono conservati in un uovo, simbolo alchemico per eccellenza, nascosto nel castello sull’isolotto di Megaride e prese corpo la profezia che la sua rottura avrebbe causato la distruzione dell’intera città. La memoria sopravvisse negli ambienti colti, in quelli esoterici e tra la plebe, preservata da un’aura favolosa ed eterna. 

Massimo D’Antonio con sapiente disinvoltura soffia via quella patina d’inconsistenze depositata dal tempo e dalla razionalità e ci riporta a quella sapienza arcaica che Virgilio ha saputo amalgamare nella bellezza del verso: Sic itur ad astra, Così si sale alle stelle.

E’ un viaggio tra storia, magia e poesia da intraprendere come discepoli, con spirito di meraviglia e di rispetto; alla fine delle pagine e del percorso ci sorprenderà una consapevolezza nuova di cui non potremo più fare a meno, affiorerà un nuovo senso del mondo: 

…giorno e notte è aperta la porta del nero Dite

riportare su il passo e riuscire a riveder le stelle.

Questa è l’impresa, questa la fatica…

*Fiorella Franchini, giornalista

Fiorella Franchini