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Un 2021 spaziale, riavvolgiamo il nastro e guardiamo in alto!

Gli eventi più importanti che hanno segnato la ricerca spaziale e astrofisica dello scorso anno

Il 2021, come il 2020, è stato un anno strano, particolare e purtroppo ancora sconvolgente per tutti noi. Sembra come se la vita dell’intero nostro mondo si sia fermata e non ne possiamo davvero più. Nel mio piccolo, voglio dare un contributo di ottimismo e speranza raccontandovi, in questo primo numero del 2022, quali sono stati gli eventi più importanti che hanno segnato la ricerca spaziale e astrofisica dello scorso anno.

Guardare in alto è l’unico modo che abbiamo per non abbatterci e quindi facciamolo insieme.

Non è stato facile stilare questa “TOP 5” perché il 2021 è stato davvero un anno “spaziale”, letteralmente, ma l’ho fatta basandomi su quelli che reputo principi fondamentali non solo per l’universo ma in generale. Di conseguenza non prendetela come qualcosa di indiscutibile o assoluto ma usatela per ragionare e magari pensare a cosa per voi possa essere o meno importante. Bene, dopo questa dovuta premessa, iniziamo!

NUMERO 5 – Verso la Luna ma con buon senso: gli accordi ARTEMIS

Nell’ottobre 2020, Australia, Canada, Giappone, Lussemburgo, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Stati Uniti e la nostra Italia, apri-pista in Europa, hanno firmato quelli che sono chiamati “Accordi Artemis”, accordi multilaterali di collaborazione internazionale del programma ARTEMIS, appunto.

Il programma ARTEMIS (sorella di APOLLO, primo programma spaziale lunare) è il nuovo programma spaziale NASA che ci porterà nuovamente sulla Luna entro il 2025 (dagli ultimi aggiornamenti); prevede la costruzione di una stazione spaziale orbitante attorno al nostro satellite, il Lunar Gateway, e l’idea una base lunare permanente per poter sfruttare in modo consapevole e controllato le risorse.  Gli accordi ARTEMIS hanno lo scopo di garantire il rispetto di alcuni principi fondamentali da parte di tutti i paesi firmatari; dalla trasparenza della operazioni all’ interoperabilità, dalla registrazione degli oggetti spaziali utilizzati al rilascio di detriti nello spazio, dalla protezione delle risorse spaziali alla prevenzione dei conflitti alla condivisione dei dati. Insomma, vogliamo riuscire a creare una base sulla Luna tutti insieme (o quasi) ma con buon senso.

Per questo reputo importantissimo il fatto che nel 2021 ai primi 8 paesi firmatari si siano aggiunti anche Ucraina, Inghilterra, Nuova Zelanda, Brasile, Corea del Sud, Polonia, Messico e anche Israele proprio nell’ultimo mese. Purtroppo restano ancora fuori Cina e Russia che stanno sviluppando per conto loro un altro progetto lunare…Ma questa è un’altra storia e la racconteremo un’altra volta.

NUMERO 4 – Agli albori dell’universo: il lancio del James Webb Telescope

Il 25 dicembre scorso, oltre a essere stato Natale, è stata la data di lancio definitiva dopo svariati rinvii, del James Webb Telescope (JWT), il “super” Telescopio chiamato impropriamente “successore di Hubble” nato dalla collaborazione NASA, ESA (European Space Agency) e CSA (Canadian Space Agency). Dico impropriamente perché lavorerà non in sostituzione ma parallelamente ad Hubble e osserverà non nell’ottico ma nell’infrarosso, raggiungendo zone (e tempi) diversi. L’idea del JWT, James per gli amici, nasce già  un anno prima del lancio di Hubble, avvenuto nel 1990. Questo ci fa capire sia come nella scienza una volta raggiunto un obiettivo si pensi già al successivo sia i tempi enormi che si devono aspettare per vederlo realizzato. Dopo ben 30 anni, però, eccoci qui. 

James ha ormai raggiunto il traguardo, il punto lagrangiano L2 a un milione e mezzo di km dalla nostra Terra, lo scorso 24 gennaio. Questo punto preciso è stato scelto perché è uno dei 5 punti di equilibrio nel sistema Sole-Terra-Luna e ha una posizione tale da permettere al JWT di essere protetto dalla radiazione emessa dai tre corpi celesti e di avere sempre libero il campo di osservazione. Il suo specchio ha un diametro di 6.5 metri (3 volte quello di Hubble) e la sua tecnologia è ottimizzata per l’osservazione nelle frequenze dell’infrarosso, a energie quindi più basse di quelle dell’ottico. Il motivo è ben preciso: osservare le sorgenti più lontane che sia possibile osservare. Queste sorgenti sono anche le più “vecchie” perché andare a maggiori distanze nell’universo, significa infatti andare indietro nel tempo. Questo perché la luce ha una velocità finita non illimitata e impiega un tempo preciso per raggiungere la nostra Terra. Più si è distanti, più tempo ci vuole e, inoltre, dato che l’universo si sta espandendo, la luce ottica emessa da queste sorgenti perde energia e diventa infrarossa.

Insomma, il JWT rappresenta contemporaneamente la tenacia della scienza, il progresso tecnologico incredibile avuto in trent’anni e ci permetterà di studiare sorgenti nate “poco dopo” la nascita del nostro universo. Dobbiamo solo avere un po’ di pazienza perché la fase di calibrazione e controllo della strumentazione durerà ancora fino a giugno compreso ma poi…preparatevi a scoperte eccezionali!

NUMERO 3 – Un drone “di un altro pianeta”: INGENUITY su Marte

Se siete assidui lettori di Verbum Press e della mia rubrica vi ricorderete sicuramente del rover Perseverance della NASA che ha raggiunto Marte circa un anno fa. Ricorderete anche che questo ha portato nella sua pancia un piccolo drone, Ingenuity, con l’idea di far volare per la prima volta nella storia un oggetto nell’atmosfera di un altro pianeta. Beh, ci siamo riusciti. Ingenuity ormai ha raggiunto ben diciotto voli e si è conquistato la sua posizione nella mia classifica per due motivi principali. Prima di tutto ha dimostrato come l’ingegno umano sia qualcosa di straordinario: senza averci mai messo piede ma con i soli dati raccolti da rover e satelliti che ormai da più di 50 anni studiano il Pianeta rosso, siamo stati in grado di capire abbastanza della fisica di questo pianeta da poter far volare qualcosa nella sua atmosfera. Secondario poi, Ingenuity apre le porte a un futuro di esplorazione planetaria più rapido ed efficiente che ci permetterà presto di metterci davvero piede, su Marte. Non male no?

NUMERO 2 – Conoscere la nostra casa: DART e PARKER SOLAR PROBE

Il secondo posto vede un parimerito.

Da una parte abbiamo DART (Dart Asteroid Redirection Test), la sonda NASA volta allo studio di metodi di protezione planetaria. Se avete visto “Don’t look up” penso che capiate perfettamente quanto possa essere importante studiare gli oggetti che si avvicinano parecchio alla nostra Terra e trovare un metodo per eventualmente poterli deviare nel caso si rendano particolarmente pericolosi. Mentre il film si basa su un concetto molto più generale, legato non tanto all’astrofisica quando al cambiamento climatico (e, ovviamente, alla pandemia che stiamo vivendo), nella realtà ci stiamo pensando davvero. DART, partita lo scorso 24 novembre, ha come scopo quello di colpire un asteroide per deviarne l’orbita. In particolare colpirà Dimorhpus (170 metri), un piccolo asteroide che ruota attorno a un altro asteroide più grande (Dydimos, 390 metri): questo perché, qualsiasi cosa non prevista possa accadere, non avrà conseguenze sulla Terra (per esempio, una deviazione dell’asteroide verso di noi, per dire). 

Dall’altra la sonda NASA Parker Solar Probe, lanciata nel 2018 e capace di resistere a temperature di circa 1000 gradi (!!!), che per la prima volta nella storia lo scorso novembre ha toccato la parte più esterna dell’atmosfera solare. Siamo in realtà ancora molto distanti dalla superficie solare, a circa 10 milioni di chilometri, ma siamo nella sua atmosfera, siamo entrati per la prima volta della storia in una stella. E per la prima volta saremo in grado di studiarla come non abbiamo fatto mai.

Queste due missioni meritano il secondo posto perché conoscere quanto abbiamo vicino a noi ci permette di andare più lontano. Conoscere a fondo la nostra stella, capire la fisica che la caratterizza e riuscire a prevedere il suo comportamento, ci permette di agire di conseguenza in modo da sapere cosa aspettarci. Trovare un metodo per deviare gli asteroidi direi che non abbia bisogno di spiegazioni: ne arrivano tanti nelle nostre vicinanze, sa mai accadrà che qualcuno di essi un giorno fosse una minaccia, è bene sapere cosa fare.

NUMERO 1 – Più spazio per tutti: i primi voli commerciali nello spazio 

La ricerca spaziale sta andando avanti anche e sempre in modo più importante grazie alle aziende private, dalla Space X, alla Blue Origin, alla Virgin galactic (solo per fare qualche nome tra i più noti). E’ un dato di fatto e io, al contrario di molti, non ci vedo niente di male: a prescindere da cosa possa spingere un Elon Musk a spendere i suoi soldi per la ricerca spaziale, il fatto che lo faccia è una cosa grandiosa che da una spinta epocale al settore e che ci permette di non fermarci anche quando i soldi statali lì investiti sono sempre meno.

Per questo motivo reputo eccezionale che tante aziende abbiano iniziato a muoversi per rendere lo spazio accessibile anche ai non addetti ai lavori. Quanto hanno fatto la Virgin Galactic (la prima in assoluto, nel luglio 2021) e la Blue origin (ormai a quota tr) con i loro voli suborbitali per non astronauti rappresenta l’inizio di un’era che sarà straordinaria. Per ora è chiaro che si possano avvicinare all’idea soltanto i multi-milionari ma non è strano, è stato sempre così in qualsiasi settore tecnologico. Anche gli aerei, agli albori, erano per pochi mentre ora, con poche centinaia di euro, possiamo andare da una parte all’altra del mondo. I nostri confini stanno iniziando a estendersi non solo attorno al globo ma anche in alto. Questo significherà non solo poter osservare lo spazio fuori dall’atmosfera e la nostra Terra dall’alto (in modo che tutti, proprio tutti, possano appurare quanto sia tonda) ma significherà ampliare la nostra mente ed essere sempre di più un unico pianeta senza confini, da nessun punto di vista. Quindi sì, l’inizio dell’epoca del turismo spaziale merita il primo posto.

MENZIONE D’ONORE – Donne e spazio: la futura capitana AstroSamantha

Concludo questa classifica con una fuori classifica: Samantha Cristoforetti.

Il 2021 è l’anno in cui si è deciso che astroSam non solo tornerà sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per la sua seconda volta (prima volta nella missione Futura dell’Expedition 42/43, anni 2014/2015) ma ne sarà anche il capitano. Quinta donna e seconda italiana dopo Luca Parmitano, raggiunge questo traguardo dopo che, come lei stessa racconta nel suo splendido “Diario di un’apprendista Astronauta”, rischiò di non poter entrare nemmeno in aeronautica perché all’epoca (parliamo di vent’anni fa, non del Medioevo) le donne non potevano accedervi. In più, durante questa missione farà la tanto agognata passeggiata spaziale che nella sua prima esperienza sulla ISS non aveva potuto fare a causa di un problema legato alla disponibilità delle tue spaziali, da tempo omologate a taglie e fisicità principalmente maschili. Cosa questa che sta finalmente cambiando perché lo spazio è e deve essere anche per noi donne. 


La menzione d’onore la devo a Samantha Cristoforetti perché è un esempio per tutte quelle piccole e grandi donne che ho incontrato e incontro nel mio mondo di scienziata e divulgatrice, mostrando loro che tutto ciò che non potranno o non possono raggiungere è dovuto solo a qualcuno che, per motivi totalmente inaccettabili o incomprensibili, ha deciso che non faccia per loro. Quindi ragazze di ogni età, non smettete di lottare, non permettete a nessuno di dirvi che qualcosa non fa per voi, spiegate le ali e arrivate in alto, verso l ‘infinito e oltre. Sempre.

*Martina Cardillo, astrofisica

Martina Cardillo