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Antonio Rosmini

“…uno delle più grandi figure del Risorgimento spirituale d’Italia” (Vidari)

Fra tutti i filosofi d’ogni tempo quello che ha destato in me particolare ammirazione è stato Antonio Rosmini che cercò di conciliare i problemi della vita e della cultura con gli eterni problemi dello spirito.

Antonio Rosmini fu un uomo integerrimo, sacerdote coraggioso, italiano perseguitato, scrittore e filosofo profondo, educatore sublime.

Alieno da compromessi con se stesso e con gli altri, pose la sua vita al servizio del prossimo, fece della carità il suo primo dovere, conciliò le più alte speculazioni filosofiche con un’instancabile attività pratica. 

Umile ma ardito, devoto alla religione ma non credente irriflessivo, cercò la soluzione di difficili problemi conciliando Scienza e Fede, Italia e Chiesa, Libertà e dogma.

Qualcuno preoccupato di salvaguardare la libertà del pensiero laico da qualunque influsso confessionale, cristiano e cattolico, obietterà che era un prete, ebbene il Rosmini, non perché fu sacerdote, ma perché a tutte le sue grandi virtù civiche unì quella di essere prete coraggioso, disposto a lottare per la giustizia e la verità.

E non ebbe vita facile per l’opposizione non solo dei liberi pensatori ma anche degli stessi compagni di fede e dei superiori ecclesiastici, a volte opportunisti.

Proprio per la sua lealtà, che gli si deve però riconoscere, fu allontanato dal Vaticano, dove si era pensato di nominarlo cardinale e dove molti si erano avvalsi dei suoi consigli politici dopo l’uccisione di Pellegrino Rossi*: con il suo comportamento si dimostrò disinteressato a riconoscimenti personali ma che era mosso solo dal senso del dovere di consigliare il Papa nell’interesse della Religione e dell’Italia.

Rosmini era nato a Rovereto ma fu fortemente osteggiato dagli Austriaci per la sua professione d’italianità, andò in Piemonte a lavorare e questa scelta lo pose come un lavoratore di tutti gli Italiani.

Il Gioberti, suo accanito avversario in filosofia e un po’ anche in politica, lo inviò a Roma in missione diplomatica e lui affrontò l’ostilità della Curia romana che lo considerava un liberale.

Fu un federalista neoguelfo ma non come il Gioberti, il suo federalismo era basato sulla stretta collaborazione tra i Principi italiani e una rigorosa loro obbedienza ai statuti superregionali che ne limitavano la sovranità, mirava in pratica di arrivare per gradi all’unità d’Italia

Comunque fu evidente il suo amor di patria, apprezzabilissimo in quanto prete, considerata la difficoltà dei cattolici dell’epoca per i non pochi disagi di coscienza. 

Così   Rosmini amò l’Italia, come scrisse il Fogazzaro “d’un amore caldo d’ira come quello di Dante e Petrarca e molto più di quello di Manzoni…”

Pertanto non ebbe paura delle minacce dell’Austria, del Vaticano e dei Borboni perché aspirava a un ideale di concordia, che bisogna ricordare ancora in questo nostro periodo storico in cui continuano lotte politiche sediziose.

Nel suo testo “Introduzione alla filosofia” scriveva: “E tu il sai troppo bene, povera Italia, che più lungamente e più atrocemente d’ogni altra regione, esperimentasti i funesti effetti della discordia e ne fosti vittima”.

Le sue idee furono esposte con lo stile del grande scrittore e lo stesso Manzoni   lo giudicò, di fronte a Don Pedro del Brasile*, come unico rappresentante della nostra cultura umanistica. 

Certo la sua fama è legata più alla sua filosofia, originale nel suo ontologismo, nella psicologia e nell’etica, sulla quale si fonda anche la sua pedagogia. 

Pare che abbia lasciato una vasta enciclopedia filosofica quanto quella di Hegel ma in antagonismo con essa per i princìpi esposti.

Fu contrario al sensismo di Condillac e ritenne superate alcune posizioni Kantiane, che, nella questione della conoscenza, portavano   allo scetticismo.

La conoscenza, per il Rosmini, fu sintesi della sensazione con la categoria e la sensazione non proponva un oggetto ma l’essere, quindi non era oggettiva ma in un certo senso soggettiva, in quanto conservava un carattere fenomenico che non era così assoluto come in Kant.

In sintesi nel Rosmini si trova un sentimento fondamentale costituito dalla coscienza che l’anima ha del corpo che le appartiene, questa coscienza si esprime poi in sensazioni variabili che a loro volta riconfermano la fenomicità della conoscenza stessa, per questo l’esistenza si basa sul concetto di essere che è un concetto aprioristico in assoluto.

Però l’Essere, nel Rosmini, è un dato intelliggibile che, messo di fronte a un dato sensibile (cioè che dà sensazioni) produce a sua volta una sintesi primitiva.

Se esaminiamo il suo passaggio dalla dottrina gnoseologica a quella etica, poiché l’essere è bene, si evince che la più alta legge morale consiste nel rapportare l’amore dell’essere di ciascuna cosa e qui si rivela il contenuto profondamente cristiano dell’etica del Rosmini, che dà una veste filosofica al precetto evangelico dell’amore universale.

In questo modo si combatte sia l’agnosticismo della metafisica di Kant e l’indefinitezza di quella idealista: il soprannaturale diventa una necessità inderogabile, confermata da una logica non più aristotelico-tomista ma da un sistema idealistico-agostiniano, articolato entro le migliori esperienze post-Kantiane.

Il problema dell’insegnamento poi, lo spinse a fondare scuole in vari città del Piemonte, istituendo anche centri per la formazione degli insegnanti con l’applicazione dei suoi princìpi metodologici. Fu un pedagogista completo, pose le basi del suo sistema, frutto di una visione filosofica più ampia, non fu un empirico né si limitò alla teoria.

Fondamentale la sua formulazione scientifica del principio di gradualità. Egli seppe leggere delle sintesi, nei primi sorrisi di un bambino, seppe scoprire le analisi, nelle prime idee espresse dai loro balbettamenti, da qui si muove dunque la sua psicologia infantile per arrivare alla pedagogia.

Si può definire questo grande educatore con le parole del Vidari: “…uno delle più grandi figure del Risorgimento spirituale d’Italia”.

* Pellegrino Rossi – Il conte Pellegrino Rossi (Carrara, 13 luglio 1787 – Roma, 15 novembre 1848) è stato un economista, giurista, docente, diplomatico e politico italiano. Fu un’importante figura nella Monarchia di Luglio in Francia e fu ministro della giustizia, ministro dell’interno e Primo ministro nel governo dello Stato pontificio, con papa Pio IX.

* Pietro I del Brasile e IV del Portogallo (in portoghese Pedro I do Brasil e Pedro IV de Portugal; Queluz, 12 ottobre 1798 – Queluz, 24 settembre 1834) fu il primo imperatore del Brasile dal 1822 al 1831, e il ventottesimo re del Portogallo e dell’Algarve per due mesi nel 1826. Il suo nome completo era, in portoghese: Pedro de Alcântara Francisco António João Carlos Xavier de Paula Miguel Rafael Joaquim José Gonzaga Pascoal Cipriano Serafim.

*Regina Resta, editore Verbumpress

Regina Resta