Tra Pop Art e ceramica di Faenza: l’intervista a Giancarlo Montuschi
I differenti esiti a cui è approdato nel corso della sua cinquantennale vicenda artistica, sono oggi una vera, autentica, grande ricchezza
In Giancarlo Montuschi si percepisce il contatto diretto con la Pop Art respirata negli anni ‘70 e il legame con la ceramica di Faenza, città che gli ha dato i natali. Della ceramica nel suo lavoro trapela la nostalgia del colore per il tipo di impasto e per le tonalità timbriche. La pittura lo conquista con il mondo delle favole, dei bestiari medievali e poi con le saghe dei fumetti, in particolare quella di Flash Gordon. Il blu è un colore a lui caro e le figure blu asessuate di Magi dal cappello conico in comunicazione col macrocosmo stellato campeggiano nelle sue opere come un marchio di fabbrica e ricorrono in tutta la sua produzione. Oggi, con la serie Astro-Pop l’artista ci immette in un paesaggio contemporaneo mutuato dal cinema americano dove si fondono elementi che provengono dall’immaginario di ispirazione fantascientifica degli anni ’30 e ’40. I differenti esiti a cui è approdato nel corso della sua cinquantennale vicenda artistica, sono oggi una vera, autentica, grande ricchezza. Attualmente collabora con diverse gallerie italiane e una a Chicago. Sul suo sito: www.montuschi.it si trovano maggiori informazioni dettagliate sulle mostre.

Giancarlo, puoi segnalare il tuo percorso di studi? Diplomato alle medie dell’Istituto d’Arte di Faenza, diplomato al Liceo Artistico di Bologna, ho poi frequentato le Accademie di Belle Arti a Bologna e Ravenna.
Puoi raccontare i desideri iniziali? Volevo lavorare nel mondo dell’Arte. Quali sentieri che avevi intenzione di seguire hai seguito o no? Ho lavorato come grafico in una casa editrice lasciata poi per insegnare pittura e grafica in un Istituto d’Arte.
Quando è iniziata la voglia di “produrre arte”? Già durante gli studi al Liceo Artistico.
Quali piste e insegnamenti di maestri hai seguito? Il Surrealismo, in particolare De Chirico e Magritte, La Pop Art, in particolare Tom Wesselmann e Roy Lichtenstein, ma, soprattutto tre grandi artisti: Edward Hopper, Alex Katz e David Hockney.
Mi puoi indicare gli artisti bravi che hai conosciuto e con cui hai operato, eventualmente “a due mani”? Ho conosciuto moltissimi artisti ricordo tra loro quelli con cui ho avuto molte frequentazioni: Luca Alinari, Omar Ronda.
È difficile per un artista italiano operare oggi? Non so, forse è troppo facile rispetto ai miei tempi.

Quali sono le tue personali da ricordare? Sempre le ultime: Reality, al MUVI di Viadana, che mi ha permesso di presentare i miei grandi formati.
Puoi precisare i temi e i motivi delle ultime mostre? Il paesaggio contemporaneo mutuato dal cinema americano, dove si fondono elementi che provengono dall’immaginario di ispirazione fantascientifica degli anni ’30 e ’40 con i miei ricordi di gioventù.
Dentro c’è la tua percezione del mondo, forse, ma quanto e perché? Certamente, quando arrivi ad una certa età senti il bisogno di farlo conoscere attraverso i ricordi.
L’Italia è sorgiva per gli artisti dei vari segmenti? Diciamo che se sei italiano ha un grande peso l’Arte passata.
La Campania, il Sud, la “vetrina ombelicale” milanese cosa offrono adesso? Niente di più che di quello che offre il panorama italiano.

Pensi di avere una visibilità congrua, adesso? Ma sì … dai …
Quanti e quali “addetti ai lavori” ti seguono? Molti colleghi mi apprezzano come io apprezzo loro, la critica e le gallerie e di conseguenza i collezionisti d’Arte.
I “social” ti appoggiano, ne fai uso? Per me che vivo in campagna e che sono molto pigro negli spostamenti è un grande aiuto.
La stampa conosciuta e quella accreditata ti seguono? Boh, … diciamo abbastanza.
Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi impegni? Non so …
Quali progetti vorresti sviluppare nel 2025? Penso a una mostra con grandi formati come quella che ho realizzato nel 2023 in spazi museali che possano contenerla.
Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare l’arte in ambito scolastico, accademico, universitario e con quali metodi educativi esemplari? Sicuramente, nelle scuole d’Arte fare incontrare gli Artisti con gli studenti, cosa che ho perseguito quando insegnavo.
Prossime mosse e mostre a Londra, Parigi, Berlino o Roma …? A Parigi ho lavorato per 5 anni, Londra mi piacerebbe, Berlino la trovo lontano al mio modo di operare.
Vuoi trasferirti a Pechino o a NY, in Oriente o in Occidente? No, non lo ho fatto quando avrei potuto ora lo vedo difficoltoso per la mia età.

Quali città vedi lanciata nel contesto migliore del circuito delle arti visive contemporanee? Londra e New York.
La stampa accreditata ti segue? Non molto, a differenza della critica che vedo seguirmi.
Hai partecipato a rassegne d’arte importanti e a fiere d’arte? Nelle fiere sono spesso rappresentato e anche in alcune rassegne come “La Biennale di Venezia”.
L’arte verrà consegnata alla “Intelligenza Artificiale” o andrà avanti su altri canoni o codici? Sicuramente, influiranno, come sempre hanno influito le nuove scoperte nel passato, penso al passaggio dalla tempera all’olio o l’influenza della fotografia o i processi informatici … l’Artista è stato sempre curioso.
L’arte va avanti? Perché? Perché è naturale, appartiene alla nostra specie.
Le tue prossime esposizioni con date già definite o quasi definite?
Nuove collaborazioni con gallerie e presenza in fiere.
Che futuro si prevede post-Covid-19 e post-guerre? Speriamo che non sia peggio …
___________________________________________
Giancarlo Montuschi, nato, nel 1952, a Faenza, vive ad Anghiari. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Bologna e Ravenna. Premiato al Concorso Internazionale della Ceramica di Vallauris Ha partecipato alle rassegne: “The Art of living” a New York, “Scarperentola” Milano, Londra e New York, “Arezzo 95”, curata da Michele Loffredo e introdotta da Enrico Crispolti, “Da de Chirico a Ferroni” curata da Giovanni Faccenda e prefata da Vittorio Sgarbi, “Colori su Fonopoli” a cura della Galleria Navona 42 di Roma in collaborazione con Renato Zero, 51^ Biennale di Venezia, con l’Istituto Latino Americano, “Diabolik alla Mole” Torino, a cura di Luca Beatrice. Realizza i drappi per il Palio di Sansepolcro, Carpineto Romano e Faenza. Di lui hanno scritto: Luca Beatrice, Marcello Venturoli, Claudio Spadoni, Giuliano Serafini, Massimo Duranti, Francesco Gallo Mazzeo, Emidio de Albentiis e altri.
*Maurizio Vitiello, critico d’arte e sociologo