I lapsus cosa dicono…
Un Presidente degli Stati Uniti, che partecipò a Washington al pranzo offerto in onore della delegazione araba, al momento del brindisi alzò il calice e disse: “Brindo al valoroso popolo di Israele”. La cronaca riferisce che un famoso chimico tedesco non si sposò, dato che aveva dimenticato l’ora del matrimonio e, invece che in chiesa, si recò in laboratorio. Un Presidente del parlamento austriaco, aprì la seduta con la frase: “Signori registro la presenza del numero legale e dichiaro chiusa la seduta”. Soltanto l’ilarità generale lo rese accorto dell’errore, cosicché si corresse. E’ tutto dovuto al caso, ciò? Anche prima delle brillanti ricerche di Sigmund Freud, c’era una vaga consapevolezza che questi fatti non fossero semplicemente fortuiti, ma significassero qualcosa. Fu Freud, appunto, che per la prima volta sostenne come questi “errori” fossero il risultato di un’azione dell’inconscio. Gli episodi suddetti, come tanti altri (errori nel parlare, nello scrivere, nell’ascoltare), indicano che la rimozione di qualche desiderio “censurabile” non abbia avuto successo; la persona, in realtà, dice cose che sotto sotto avrebbe voluto dire o fare, nonostante il contemporaneo auspicio di tenerle per sé. Allora, secondo Freud, tutto il nostro comportamento è motivato, anche quando facciamo qualcosa di apparentemente strano e senza una ragione ben precisa. I motivi, quindi, sempre a detta di Freud, sono ben presenti in noi, ma non ce ne rendiamo conto per l’azione inconscia. In sintesi, i lapsus sono quegli errori apparentemente involontari che si compiono nel parlare, nel comporre uno scritto o nel comportamento; vengono causati dall’inconscio che li usa per esprimersi superando la censura della coscienza vigile. Freud, dunque, dopo aver distinto lapsus orali, scritti o di lettura, che consistono nello scambio di alcune parole con altre, fa rientrare i lapsus come le dimenticanze, gli smarrimenti, nell’ambito degli atti mancati, rivelatori di un conflitto tra l’intenzione cosciente e la tendenza repressa. Approfittando della riduzione della sorveglianza, gli impulsi inconsci riescono ad esprimersi alterando il comportamento cosciente. A dire il vero, tutto ciò può generare confusione, facendo correre il rischio di non capire; fortunatamente ci viene in soccorso Albert Einstein con la frase: “Non hai veramente capito qualcosa, fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna”.
*Sergio Camellini, psicologo