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“Gard il cinetico”

Intervista all’artista Ferruccio Gard

GARD IL CINETICO (definizione di GILLO DORFLES) è fra gli artisti storicizzati dell’arte programmata e cinetica che pratica, fra i primi in Italia, dal 1969.

Ha partecipato a sette Biennali Internazionali di Venezia (1982,’86,’95, 2007, 2009, 2011 e 2017), a due Biennali Internazionali di Architettura (2016 e 2021), all’XI Quadriennale Nazionale di Roma (’86) e, da Praga, Roma, Venezia e Buenos Aires, a numerose mostre internazionali sull’optical art.

Da New York, Miami, Pechino, Osaka, Bogotá e Panama City a Londra, Bruxelles, Monte-Carlo, Córdoba e Salisburgo, da Venezia e Firenze a Roma, Bergamo, Verona, Milano e Torino, ha tenuto oltre 180 mostre personali in tutto il mondo. 

Alla 54^ Biennale (2011) è stato fra gli artisti che hanno rappresentato l’Italia al Padiglione Nazionale Italia (curatore Vittorio Sgarbi) all’Arsenale di Venezia.

Nel 2019 ha festeggiato mezzo secolo di pittura con l’ingresso ufficiale, a Roma, nella prestigiosa collezione della Farnesina sull’Arte Contemporanea Italiana e mostre personali al Museo del Novecento Boncompagni Ludovisi, organizzata dal Polo Museale del Lazio, e al Museo El Chicò di Bogotá, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura.

Fra i suoi grandi estimatori gli storici dell’arte Giuseppe Marchiori, fondatore a Venezia, nel 1946, del Fronte Nuovo delle Arti: “Ecco, questo è Gard, che non assomiglia a nessuno” e Pierre Restany, fondatore a Parigi, nel 1960, del Nouveau Réalisme: La chiave di lettura dell’opera di Gard è il colore. Per lui il colore è vita nella vita.La pittura di Gard è respiro esistenziale.

Nato nel dicembre del 1940, Ferruccio Gard vive e lavora a Venezia dal 1973, con studio sull’isola del Lido.

Puoi segnalare il tuo percorso di studi?

Liceo classico e studi universitari a Torino.

Puoi raccontare i desideri iniziali e i sentieri che hai, effettivamente, seguito?

Sognavo di fare carriera nello sport: calcio, ciclismo e, svelo un segreto, non l’ho mai detto prima d’ora, anche pugilato. 

Ma avevo anche il giornalismo nel DNA. 

In quinta elementare fondai un giornale di classe del quale mi autonominai direttore.

 “Costringevo” compagne e compagni a scrivere articoli su avvenimenti che facevano notizia.

Quando è iniziata la tua voglia di “produrre arte”? 

Alle elementari. 

Dipingevo paesaggi su fogli di carta con gli acquerelli. 

Il mio capolavoro fu un ritratto di Fido, il mio adorato cane. 

Purtroppo, è andato perduto.

Quali piste di maestri hai seguito?

Ho incominciato con paesaggi e nudi femminili, in una mansarda che avevo affittato a Torino nel 1956, in un severo palazzo barocco, nella centralissima via Carlo Alberto. 

Pagavo 6mila lire al mese. 

Gli artisti che mi avevano colpito molto erano stati il valdostano Italo Mus e, a Torino, il Gruppo dei Sei, soprattutto Felice Casorati. 

Non mi ritenni degno di ispirarmi a loro, e diedi libero spazio alla mia fantasia creativa.

Mi puoi indicare gli artisti bravi che hai conosciuto e con cui hai operato, eventualmente “a due mani”?

A due mani con nessuno, però ho avuto molte amicizie sia a Torino sia in Valle d’Aosta, dove trascorrevamo le vacanze nella casa paterna. 

Assunto dalla Rai, vissi poi 5 anni ad Aosta, giornalista alla locale redazione. Abbiamo costituito dei veri e propri cenacoli sia ad Aosta sia a Torino. 

Era bellissimo trovarsi in studio o a cena a parlare d’arte e progettare mostre. Il concetto era di farle assieme. 

Sono state esperienze bellissime, ne ho un grande ricordo. 

Nel 1969 sono passato all’arte programmata e cinetica, prime mostre personali a Torino e a Saint Vincent. 

A Venezia dal 1973, ho stretto amicizie e fatto mostre con grandi protagonisti dell’arte cinetica, da Alberto Biasi, fondatore a Padova del famoso Gruppo N, a Edoer Agostini, Bruno Munari, Marcolino Gandini, Sara Campesan, Horacio Garcia Rossi, Franco Costalonga, Julio Le Parc, Francisco Sobrino, Glattfelder e tanti altri. 

Molto importante è stata la mia adesione al gruppo “Verifica 8 + 1”, fondato a Venezia Mestre dalla grande Sara Campesan e rimasto operativo per trent’anni. 

Quali sono le tue personali da ricordare?

Viene spontaneo citare le 7 Biennali, l’XI Quadriennale di Roma, le mostre all’estero, da Pechino a New York. 

La prima Biennale, nel 1982, con l’esposizione di 10 quadri cinetici di grandi dimensioni mi ha fatto toccare il cielo con il dito, ma l’antologica, nel 1988, alla Casa del Mantegna, a Mantova, mi ha fatto venire le lacrime agli occhi, perché quando ho letto le bellissime considerazioni sulla mia arte che, per la presentazione in catalogo, mi ha dedicato Piero Dorazio ecco, mi sono commosso.

Fra le altre grandi mostre l’antologica a Torino “Ratio picta”, curata da Luca Massimo Barbero e organizzata nelle Sale Bolaffi dalla Regione Piemonte per il ciclo “I maestri piemontesi viventi”.

E, infine, l’antologica voluta, nel 2022, dalla Città di Venezia e dalla Fondazione Bevilacqua La Masa, in piazza San Marco, per festeggiare i miei ottant’anni. L’ho intitolata: “Il Gard cinetico: sono solo 20 x 4”

Puoi precisare i temi e i motivi delle ultime mostre?

Proseguo in modo innovativo i messaggi dell’arte cinetica: movimento e percezione ottica.

Con la novità di sculture cinetiche in plexiglas.

Dentro c’è la tua percezione del mondo, forse, ma quanto e perché?

L’arte cinetica è un inno alla modernità e alla tecnologia, che sono il mondo nel quale viviamo.

L’importante è non esagerare. 

L’intelligenza artificiale ci porterà sicuramente dei grandi vantaggi, ma non si possono escludere anche effetti negativi, mondo dell’arte compreso.

Non la utilizzerò mai …

L’Italia è sorgiva per gli artisti dei vari segmenti? Il Nord, il Centro, il Sud, la “vetrina ombelicale” milanese cosa offrono adesso?

Mi tengo aggiornato su quanto succede nel mondo dell’arte. 

Le capitali sono Milano, Roma e Venezia con la Biennale, musei e gallerie importanti. 

Il Sud, in primis con Napoli, ha grandi tradizioni. 

Ma non dimentichiamo che la prima fiera d’arte è stata fatta a Bari.

Sto vedendo segnali interessanti, il Sud può e deve essere grande e attualissimo anche nell’arte contemporanea.

Pensi di avere una visibilità congrua?

Domanda facile, risposta difficile. 

Ho avuto e ho visibilità, grazie alle tantissime mostre istituzionali e in gallerie. Mi è però capitato, e non una sola volta, che artisti scopiazzatori mi hanno poi scavalcato, perché trattati da gallerie importanti. 

Ritengo che ci siano tante cose che non vanno.

 Mi fermo per non essere troppo polemico. 

Quanti “addetti ai lavori” ti seguono?

Due belle signore: una giovane artista che mi aiuta per i quadri grandi, e mia moglie Bruna, che è la mia allestitrice di fiducia.

Quali linee operative pensi di tracciare nell’immediato futuro?

Con accostamenti di colori sempre più diversi e innovativi. 

Il più grande complimento che ho ricevuto? 

Un famoso gallerista romano (trattava de Chirico) a una mia mostra mi detto: lei usa dei colori audaci.

Frase che avrei voluto incorniciare. 

E sono vicinissimo all’invenzione di un nuovo giallo che sto già utilizzando.

Pensi che sia difficile riuscire a penetrare le frontiere dell’arte? 

Sì, è difficilissimo. 

Sono convinto che ci sono stati, che ci sono e sempre ci saranno artisti validissimi che non sfondano. 

Perché magari vivono in un paese o città fuori mano, perché non hanno il coraggio di proporsi e anche perché non sono … fortunati. 

Alla base ci deve essere la bravura, ma un po’ di fortuna non guasta. 

Poi, ci sono artisti da quattro soldi che hanno successo. 

Ma questo è un altro discorso.

Quanti, secondo te, riescono a saper “leggere” l’arte contemporanea e a districarsi tra le “mistificazioni” e le “provocazioni”?

Sicuramente tanti, ma non tutti. 

Mistificazioni e provocazioni? 

Sono la fortuna di tanti artisti.

Un mio amico, non ne voglio fare il nome, è stato escluso da una grande mostra internazionale.

Perché? 

Era piaciuto il suo progetto: una scultura fatta di merda umana. 

Non aveva, però, risolto il problema di farla olezzare e fumare per i tre mesi di durata della mostra.

I “social” t’appoggiano, ne fai uso?

Li uso, ma con moderazione, non trovo il tempo. 

I miei quadri, impostati anche su calcoli matematici, sono molto faticosi. Mentre la notte scrivo romanzi gialli. 

Ho appena finito il quarto ambientato nel mondo dell’arte.

 Qualche riscontro dai social comunque ce l’ho, ma meno di quanto uno si aspetti.

Con chi ti farebbe piacere collaborare tra critico, artista, promoter per metter su una personale o una rassegna estesa di artisti collimanti con la tua ultima produzione?

Ho lavorato con tanti critici e voglio continuare, è la collaborazione perfetta. 

E’ bello anche con altri artisti, con Biasi, Agostini e Garcia Rossi ho organizzato mostre importanti in Italia e in Francia. 

Il promoter potrebbe contribuire a pubblicizzare la mostra, sicuramente sì.

Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi impegni?

Come ben sai l’arte programmata e cinetica è considerata l’ultima rivoluzione, l’ultima avanguardia del ‘900 europeo.

Io sono uno dei pionieri, ne sono fra gli artisti storicizzati. 

Non è presunzione pretendere di avere un posticino fra i ricordi. 

Sto pensando di donare ad alcuni musei quadri cinetici storicizzati degli anni ’70.

Il problema è che, incredibilmente, l’arte cinetica è presente in pochissimi musei italiani. 

Considero la cosa deprimente e sconvolgente.

Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare l’arte in ambito scolastico, accademico, universitario e con quali metodi educativi esemplari?

Giustissimo e meraviglioso, invitando artisti ad approfondire gli infiniti aspetti dell’arte e dei colori, sentire le opinioni dei giovani e coinvolgerli, nei luoghi idonei, sui loro istinti creativi.

Prossime mosse, a Londra, Parigi, Milano, Roma, …?

Zurigo, Parigi, Miami, Genova e … mi manca Napoli, città che adoro per due motivi: è bellissima e i napoletani sono simpaticissimi. 

Sogno da sempre di farvi una mostra.

Che futuro si prevede?

Di non crepare troppo presto. 

Due mesi fa ho compiuto gli 83, ma sono ancora in forma, sono tentato di tornare a giocare a calcio, anche se solo per 20 minuti. 

Comunque, ho mandato una Pec a San Pietro, chiedendogli di lasciarmi fare l’ultima mostra a 95 anni. 

Non mi ha ancora risposto però, dice un proverbio, chi tace acconsente …

*Maurizio Vitiello, critico d’arte e sociologo