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Azzardo di Alessandra Mureddu (Einaudi, 2023)

Azzardo (Einaudi, 2023) è il libro d’esordio di Alessandra Mureddu. Azzardo è un libro importante, un libro vero, un libro che disarma e fa riflettere, perché porta il lettore nel mondo convulso e doloroso delle dipendenze, in particolare nella dipendenza del gioco d’azzardo, nella ludopatia.

L’autrice scrive il memoir di una donna quarantenne, che per salvare il padre dalla dipendenza del gioco d’azzardo, diventa lei stessa giocatrice compulsiva.

La voce della narratrice è potente, disarmante, senza filtri, infiammata perché conduce il lettore in un mondo che pochi conoscono, ma che è attorno a noi quotidianamente ed è un problema reale della nostra società sempre più alienata e alienante: la dipendenza, come può essere quella affettiva o quella legata al mondo della droga, del fumo, dell’alcool, la dipendenza dal gioco d’azzardo, ma in questo caso anche della virtualità, dell’uso smodato del web, delle sale slot, della finzione che prende il posto della realtà, mangiando tutto il resto, consumando vite, emozioni, possibilità.

La Mureddu è molto brava a rappresentare il dramma del giocatore, di chi a causa della dipendenza chiude sempre più attorno a sé un cerchio di solitudine e dolore:

In sala mi conoscono tutti, non sono l’unica donna ma l’unica che non vuole esserlo. Sono intelligente, mi dico, ma non riesco a fermarmi. La sera segno su un quaderno quanto mi resta da spendere fino alla fine del mese, divido l’importo per i giorni e ottengo altri zerovirgola coi quali dovrò mangiare, fumare e comprare la pappa al cane. Ogni volta giuro a me stessa che quella sarà l’ultima, ogni volta torno in sala senza poter decidere altro, ho una corda legata al collo che mi strozza e mi porta lì. 

Vergogna, abiezione morale, senso di frustrazione e inadeguatezza sociale e relazionale segnano lo sprofondare della protagonista- narratrice in una voragine in cui al degrado fisico si abbina un circolo vizioso di tormento e alienazione: la dimensione della vita finisce infatti per rinchiudersi nella luce degli schermi delle sale gioco, con le banconote divorate dalle fessure delle slot, fagocitate da un tasto start, mentre il resto scompare, amicizie, relazioni, interessi, perfino la cura di se stesse, tutto è ingoiato dalle slot machine, per un battito in più nel petto che significa giocare e rigiocare.

A Roma esco dalla sala senza un euro, vago nei supermercati notturni cercando i biscotti a zerovirgola e spicci, elimino le sigarette e passo al tabacco, costa di meno e dura di più. In ufficio mi chiamano Ringhio, la rabbia diventa un motore potentissimo, l’unico che mi consente di aprire gli occhi la mattina e non volerli richiudere per sempre. Vado in sala con la febbre, con la neve. Ci vado a Natale e a capodanno. I vestiti non mi stanno più, porto tuniche nere lunghe fino alle caviglie, scarpe basse, ho i capelli bianchi a vista e le unghie spezzate, una casa tetra e trascurata. 

Azzardo è un libro sociale, un libro coraggioso, che dà voce ad un problema collettivo che è un po’ il limite della nostra società ipertecnologica e sempre più virtualizzata: se ci guardiamo intorno il gioco d’azzardo ci circonda, è ovunque. Dissemina le nostre città di sale scommesse, si accende in milioni di pop up sul web, riluccica nella fantasia nostalgica dei Casino, è nei semplici gratta e vinci fino all’ebrezza spasmodica delle lotterie e delle schedine. Anche i giocatori ci circondano: sono i nostri colleghi di lavoro, i nostri genitori, i nostri figli, i nostri amici, perfino a scuola si parla di gamification e ludicizzazione. La nostra è una società consumistica che enfatizza la retorica del tutto semplice, del tutto facile. È una società che quantifica il valore della persona in base a ciò che produce, a ciò che spende, a quello che sembra, in termini di successo sociale e impeccabilità ed efficienza. Questa logica iperconsumistica per funzionare ha bisogno del rifiuto dell’umano. Ha bisogno della dipendenza. Siamo immersi in un’economia ludicizzata, che ha bisogno di consumare le nostre vite e la nostra attenzione, per poter guadagnare.

Sono una giocatrice compulsiva e i numeri parlano di me. Dicono che solo in Italia diciotto milioni di persone giocano d’azzardo e, tra queste, un milione e mezzo sono affette da ludopatia – anche se attualmente la definizione corretta sarebbe GAP (gioco d’azzardo patologico) –, hanno cioè una vita ingovernabile a causa del gioco d’azzardo. I numeri raccontano di quanti giocatori, passando per il gioco cosiddetto sociale, si ritrovino in tempi straordinariamente brevi oppressi dalla dipendenza. Ma sul processo inverso, cioè su quanti giocatori patologici tornino ad essere giocatori sociali, i numeri tacciono: per il giocatore patologico non c’è ritorno. 

Nel libro c’è tutto il dramma del giocatore, con verità e limpida durezza: il bisogno di procacciarsi soldi per giocare, il furto domestico, lo scempio morale dei Compro Oro, la sofferenza della disintossicazione e quella più difficile delle ricadute; la trappola delle relazioni tossiche con altri giocatori che creano ulteriori forme di dipendenza, la paura, il senso della fine.

Ha combattuto a lungo la Mureddu per affrontare il suo calvario e recuperare la sua vita di donna adulta preda del gioco, dopo che aveva provato a salvare quella di un padre avvocato e (già) giocatore patologico, in un momento in cui da donna adulta ma fragile si è ritrovata ancora più sola. Lo ha fatto cercando sempre di non cedere alla tentazione, ricaduta dopo ricaduta. E solo interrogandosi a lungo, su quel sopravvivere sottratto all’esperienza del vivere.

Quello che dicono i numeri quando parlano di noi è che giochiamo tutti: uomini e donne, poveri e ricchi, giovani e vecchi, istruiti e non. E giochiamo nel bar sotto casa, per comodità, o nella sala più lontana per timore di essere visti da parenti e amici, oppure online. Giochiamo per noia, per solitudine, per mancanza di riconoscimento, giochiamo per sentirci vivi, giochiamo perché soffriamo come dannati e la realtà ci sta stretta. Finché non ci arrendiamo all’evidenza che siamo malati, e allora chiediamo aiuto. 

Azzardo racconta un percorso di morte e di rinascita, è un percorso doloroso e vero che chiede coraggio e umana attenzione, perché porta il lettore e l’autrice ad affrontare la parte più vera di noi, quella legata ai desideri e alle paure, alle sconfitte e ai piccoli traguardi, quella legata alle nostre debolezze. Il tratteggio limpido e duro di uno spaccato sociale, tanto attuale quanto disarmante nella sua drammatica verità, una voce che è richiesta d’aiuto e denuncia, una riflessione sul valore della vita, sulle nostre intime grandezze e umane fragilità.

*Laura D’Angelo, scrittrice, poetessa

Laura D’Angelo