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Parlare della mia Berlino in due pagine: un’impresa. Una sfida difficile e entusiasmante

A Berlino…con Luca!

Berlino, un po’ triste e molto grande. Infinita. Come infinite sono le parole che in 20 anni ho profuso per raccontarla, per sentirla, farla immaginare e vivere. Fiumi di parole al microfono, nei bus granturismo, mentre i monumenti e le strade scorrevano dai finestrini, nelle passeggiate con gli ottantenni di venti anni fa, e con i ragazzi delle scuole, nelle collezioni di foto per ogni stagione, nei video informativi che produco. Berlino sfuggente, senza un centro, deserta o piena di gente, anonima o piena di anime, modernissima o antica, ordinata o confusa, disciplinata o ribelle.

Anche le cose da vedere sono cosi sparse che metterle insieme senza iscriversi alla maratona è davvero un’impresa. E allora proviamoci, percorrendola nello spazio e nel tempo, accavallando ricordi, storie, luoghi, in giro tra Mitte e Kreuzberg. Come in ogni città che si rispetti, incominciamo proprio dal luogo più classico, la Cattedrale.

Nel cuore del quartiere di Mitte, ex Berlino Est. Siamo sul grande prato del Lustgarten, il giardino del piacere, della voglia, un bel nome per incominciare. Sono le 21 di sera di metà giugno, quando ancora la luce del sole calante illumina l erba del prato ed i colonnati antichi.  Da un lato, il Duomo, immenso, dall’Altro il colonnato antico dell’Altes Museum e, di fronte, il nuovo palazzo Reale, ormai ultimato, ma nei miei ricordi lì, non c‘era ancora; al suo posto, a fine anni 90‘ c‘erano ancora le rovine del parlamento della DDR, un ammasso di ferraglie e vetro, ma anche un contenitore pieno di storie.Una ragazza ha portato una tavola in mezzo al prato, ricoperta da una tovaglia bianca, tovaglioli bianchi, due sedie, due coppe di vino. Attende qualcuno, tutt‘intorno il ronzio dei moscerini ed il profumo delle sere di giugno. La voglia di aspettare il misterioso ospite, per vedere come va a finire cresce ogni minuto ma, nell’attesa, meglio guardarsi intorno.Ma come la tenete sporca questa chiesa, ma perché è tutta annerita? Difficile spiegare che quel nero qui, un po’ addirittura piace. Perché è il nero di un secolo di riscaldamenti a carbone, delle ciminiere, delle infinite fabbriche che furono l’anima della città.

E allora spostiamoci un po’, pochi passi, attraversiamo il secondo braccio del fiume Sprea con il ponte appena affianco, sottopassiamo la sopraelevata ed entriamo nella piazza di Hackescher Markt.

In pochi metri cambia la scenografia, scompare il fiume, il Duomo, i grandi spazi, ed incomincia il labirinto di cortili, le strade più strette, quelle che ora presentano boutique di moda vintage ed uffici e che un tempo ospitavano i tuguri operai, le „caserme d’affitto “. In quelle strade ho incominciato ad aggirarmi appena misi piede a Berlino, nel 1997. Facciate sgarrupate, fascino decadente, odore di est, si, di Est. Mia moglie, Berlinese dell’Ovest lo ripeteva all’infinito: era l odore dei riscaldamenti a carbone, l’odore dell’Est. La Linienstrasse, la Auguststrasse, la splendida Koppenplatz con uno dei monumenti alla deportazione più sconvolgenti, quella sedia caduta per terra che io senza sapere volevo rialzare.

In quegli anni era un quartiere segreto, i pub alternativi da raggiungere scendendo nelle cantine, il centro sociale Tacheles con le sue rovine la scenografia di tante scene del film di Wim Wenders, così lontano così vicino. Ora è meta turistica fondamentale, ci andiamo spesso ad intrufolare nei cortili con i gruppi, per raccontare di Ebrei, deportazioni, fabbriche, la città anni 20, quella del romanzo Berlin Alexander Platz, dello sceneggiato Berlin Babylon. Il fascino decadente di quegli anni è scomparso quasi del tutto ma, passeggiare per quelle strade rimane una delle cose più belle da fare a Berlino.

Ma la voglia di scoprire cresce, ed allora ci spostiamo ancora. Stavolta però montiamo su una bicicletta in direzione Kreuzberg e non siamo più a metà giugno, bensì al primo di Maggio.

Le vie da percorrere dal Duomo per arrivare a Kreuzberg possono essere tante, mi è sempre piaciuto perdermici con la bici ,per raggiungere le feste del Primo Maggio. Si attraversa il tessuto urbano della vecchia Cölln, di origini medievali . Si, Perché Berlino nacque sdoppiata in 2: Cölln e Berlin, coincidenza simpatica che ricorda la mia Partenope/Neapolis. Lo so, sembra una bestemmia ma, forse lo è solo in parte.

Brüderstrasse, Alte e Neue Jakobstrasse, Kommandanten Strasse, palazzoni frammisti a facciate ottocentesche, ponti antichi sul fiume, un pezzo di mura medievali(!!) il porto antico della cittá e poi petali; petali dappertutto, rosa, bianchi con un profumo inebriante. Sono i ciliegi giapponesi di cui queste strade sono piene, al colmo della loro fioritura. Da qualche parte a pochi metri passava il muro che divideva Mitte (est) da Kreuzberg (ovest) ma addirittura anche i berlinesi che ci abitavano incominciano a dimenticarsi su quale marciapiede passava, perché in quelle strade il muro impazziva in uno zigzag folle.

Dal profumo dei petali giapponesi si passa però in pochi istanti all’odore delle bottiglie di birra, della carne di agnello che arrostisce sulle bancarelle dei turchi, dei curdi   dei Siriani, al rumore delle casse stereo a tutto volume. Siamo arrivati alla meta, la Oranien Strasse ed intorno a noi ci sono decine di migliaia di persone che ogni anno si riversano per partecipare alle feste e le dimostrazioni del Primo Maggio. Palchi improvvisati, Heavy Metal e danze curde, Punk sfrenato e canti rivoluzionari Greci, e tutt’intorno i caschi abbassati della polizia. Incomincia la partita a scacchi per le strade intorno tra dimostranti e poliziotti, a me piace osservare e spostarmi rapidamente in sella alla bici per capire.

E allora, evitando i cocci delle bottiglie rotte sull’asfalto si va sempre a finire alla Mariannenplatz, con il suo enorme prato e l’edificio storico, scenografico dell’antico ospedale   Bethanien. Sul lato destro, la Thomaskirche che rimaneva all’ovest ma a 5 metri la circondava il muro, e appena oltre le baracche, mitiche del vecchio turco insediatosi lì, nella terra di nessuno tra i due muri.

Quante volte ho percorso quelle strade, le ricordo anche prima della mia venuta, quando ci venivo in vacanza negli anni 80’, le roulottes degli artisti di strada, le facciate die palazzi abbandonati ed occupati ed il muro, pieno di graffiti che incontravi ad ogni angolo.

Ora anche Kreuzberg cambia tanto, ma quelle strade sono ancora lì, i ragazzi pure, e pure i petali profumati.

Kreuzberg però è una città intera ed allora ci spostiamo più a sud, in direzione del vecchio Aeroporto di Tempelhof, lasciando la mitica Kreuzberg 36 per raggiungere quella chiamata 61, dall’antico codice postale.

Percorriamo la Bergmannstrasse, con tutti i suoi localini, i suoi negozietti, il mercato alimentare al coperto, la splendida Marheineke Platz con la sua chiesa. Anche lì però ormai, molti turisti ed allora andiamo a cercare appena dietro, atmosfere un po’ più magiche.

Prendiamo strade in salita, abbastanza ripide (ebbene sì in una città piatta troviamo anche rare salite) e sbuchiamo nella Chamissoplatz, con il suo grande parco giochi al centro. Un tripudio di facciate di fine ottocento, negli ultimi anni di freschissimo restauro e di mille colori sgargianti, un tempo, ancora una volta, le abitazioni della città fabbrica.

Si è fatto tardi però, è ora di ritornare al Duomo.  Per farlo, facciamo un percorso più turistico, e facciamo scorrere davanti a noi, pedalando veloce, le immagini del Checkpoint Charlie, le chiese settecentesche della Gendarmenmarkt ed i monumenti dell’Unter Den Linden.

La voglia di spostarsi ancora ed esplorare è ancora tantissima. Ci sarebbe ancora una città intera da vedere. Si potrebbe salire a Prenzlauerberg in collina, il quartiere degli artisti, o cambiare tutto e catapultarsi nell’Ovest per cercare appena dietro i luoghi famosi, le atmosfere antiche della Savigny Plazt nel quartiere di Charlottenburg, ma incomincia a piovere. Eccoci di nuovo al Lust Garten.

Sul grande prato, la ragazza è ancora sola ed aspetta.

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*Luca Cittadini, guida turistica certificata a Berlino e dintorni

Luca Cittadini