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La pala pittorica di Brescia raffigura Santa Giulia e non Sant’Agata: Domenico Macaluso racconta la sua scoperta storico-artistica

In concomitanza con i solenni festeggiamenti in onore a Sant’Agata che, tradizionalmente si celebrano dal 3 al 5 febbraio a Catania, ho voluto segnalare all’assessore alla Cultura di Brescia, (da pochi giorni Capitale Italiana della Cultura), alla Curia di Brescia ed al sottosegretario del Ministero della Cultura, Vittorio Sgarbi, una probabile inesattezza circa l’identità attribuita ad una figura rappresentata in un’opera d’arte conservata a Brescia, all’interno della chiesa di Sant’Agata.

Sant’Agata è oggetto di devozione non soltanto in Italia, ma anche in molte altre nazioni, una grande venerazione che si manifesta per una fanciulla che ha rinunciato alla propria vita, per non rinunciare alla propria purezza, essendosi votata a Cristo. Relativamente al martirologio della Santa, è noto da notizie tramandate da numerose antiche fonti, che la giovane Agata, pur di non abiurare la fede cristiana, dopo forti pressioni psicologiche ed il tentativo di indurla a pratiche lascive, subì atroci torture come la sospensione con funi, la fustigazione, le ustioni con tizzoni ardenti e persino l’amputazione delle mammelle, ma non la crocifissione. Ed è questo il punto controverso che mi ha indotto, dopo avere visitato la splendida quattrocentesca chiesa bresciana dedicata alla santa siciliana, ad indirizzare a Brescia la segnalazione.

In una grande pala d’altare che domina la navata centrale di una delle più antiche chiese bresciane, si vede una scena che rappresenterebbe il martirio di Sant’Agata; la pala è stata realizzata da Francesco Prata di Caravaggio intorno al 1520.

 Uso un verbo al condizionale in quanto la martire raffigurata in questa pittura, presenta i tagli alle mammelle denudate, ma è crocifissa, mentre Sant’Agata, dopo le atrocità inferte per ordine del proconsole romano, morì in carcere e non sulla croce.

Si potrebbe giustificare questa imprecisione da parte del pittore, come “insolita raffigurazione simbolica” come si legge nel portale web del Museo Diffuso di Brescia, ma le cose non stanno così: quella raffigurata nel quadro di Francesco Prata, è verosimilmente Santa Giulia, patrona proprio della città di Brescia.

Lo dimostrerebbero con precisi riferimenti, diverse antiche agiografie e persino delle incisioni seicentesche, che mostrano Santa Giulia crocifissa dopo avere subito il taglio delle mammelle, raffigurazioni che presentano una impressionante analogia con il dipinto di Francesco Prata.

Secondo una delle più attenibili fonti storiche, quella di Salvatore Vitale risalente al 1639, Santa Giulia analogamente a quanto subì Sant’Agata e per le stesse motivazioni, fu martirizzata a Nonza, in Corsica nel 450 e le sue reliquie, furono traslate a Brescia per volontà di una delle ultime regine longobarde nel 762.

La venerazione per la santa martirizzata in Corsica, anche in questo caso analogamente al culto per Sant’Agata, si diffuse nel Mediterraneo e Santa Giulia è patrona di Malta, della Corsica, di Livorno e di Brescia dove fu commissionato il grande quadro destinato alla chiesa di Sant’Agata: da qui, probabilmente si è originato l’equivoco dell’errata interpretazione dell’identità della Santa raffigurata nel dipinto, un equivoco artistico che non è comunque recente, visto che oltre ai portali bresciani, parlano di martirio di Sant’Agata vari dizionari biografici d’Arte; l’errore probabilmente ha avuto origine dalla interpretazione della documentazione cinquecentesca relativa alla commissione dell’opera al pittore, una pala d’altare per la chiesa di Sant’Agata, che doveva raffigurare il martirio, non della santa siciliana, ma della protettrice di Brescia, Santa Giulia, che è stata rappresentata in modo corretto dal pittore di Caravaggio, cioè crocifissa e con i seni tagliati.

È poco verosimile ipotizzare che Francesco Prata abbia sbagliato clamorosamente, trovando fonte di ispirazione per la sua pittura in una miniatura del XII secolo (Passionario di Weissenau) dove la santa catanese è raffigurata legata ad una trave (e non crocifissa), mentre il carnefice le taglia le mammelle; c’è da aggiungere che proprio qualche decennio prima di quella di Francesco Prata, venne realizzata una straordinaria opera pittorica con lo stesso soggetto, la crocifissione di Santa Giulia, dipinta tra il 1497 ed il 1505 dal grande pittore olandese Hieronymus Bosch.

In tempi recenti, ho identificato in un affresco all’interno di una grotta in territorio di Caltabellotta, una straordinaria immagine di Santa Caterina che beve il sangue del costato di Gesù, un’opera che rischiava di deteriorarsi a causa delle precarie condizioni ambientali; per un atto dovuto a Sant’Agata, ma soprattutto a Santa Giulia, ho proceduto ad inviare una relazione a Brescia, consapevole che mettere in discussione ciò che il tempo ha consolidato, può suscitare disagio, ma sperando che questo non avvenga, poiché la finalità di questa mia segnalazione, è esclusivamente quella di dare la giusta identità ad un personaggio raffigurato in una pregevole opera d’arte, che verosimilmente rappresenta proprio la patrona di Brescia.

Contesto, Sant’Agata patrona di Catania

 Agata venne martirizzata, secondo numerosi testi agiografici, durante la persecuzione cristiana di Decio, per disposizione del prefetto romano Quinziano, il 5 febbraio del 251, martirio apportato mediante supplizi efferati a cui la giovane donna fu sottoposta.

*Domenico Macaluso, accademico onorario dell’accademia di belle arti “Kandinskij” di Trapani

Domenico Macaluso