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Le game art nel panorama dell’arte contemporanea

Intervista ai curatori di Neoludica, Debora Ferrari e Luca Traini

Da piccola non possedevo una console. Mio padre ci ha cresciute con un’educazione di ispirazione montessoriana che non vedeva di buon occhio questo genere di attività ludiche. Allora, appena potevo, scappavo da mio cugino più grande a giocare ad Alex Kidd oppure a perdermi nelle avventure di Tomb Raider o a vivere l’adrenalina da horror di Resident Evil 2.

Solo da adulta però, giocando ad Assassin’s Creed, ho iniziato ad intuire che oltre all’aspetto ludico i videogiochi possedessero un valore fortemente culturale, unendo diverse forme di conoscenze e arte.

La mia intuizione, a quei tempi superficiale, ha avuto riscontro quando nel mio curiosare tra le varie espressioni artistiche contemporanee mi sono imbattuta in Neoludica: una realtà italiana che dal 2008 ha colto la necessità di dar voce alle forme d’arte presenti nel vasto panorama videoludico, unendo alla leggerezza del gioco la serietà della ricerca critica, filologica e storico artistica.

Per raccontarvi di loro ho deciso di intervistare i due curatori e fondatori del progetto Neoludica: Debora Ferrari (critica e storica d’arte, giornalista; attiva nella curatela di mostre d’arte e nell’organizzazione di eventi culturali a tutto tondo) e Luca Traini (storico e curatore d’arte; le sue ricerche si focalizzano nella relazione tra realtà storica e immaginazione fantastica, con particolare attenzione al videogioco).

Luca, innanzitutto ci puoi spiegare cosa sono le game art? Le game art, così come concepite da Neoludica, sono le arti che si occupano a livello tematico e a livello esecutivo di videogames. Matteo Bittanti aveva dato due definizioni distinte: la game art (minuscolo), utilizzata nella creazione dei videogiochi; la Game Art (maiuscolo) invece intesa come l’opera degli artisti che si ispirano al videogioco. 

Noi abbiamo deciso di non utilizzare minuscole o maiuscole, preferendo invece declinare il termine al plurale così da comprenderle tutte (anche la musica, il design, la concept art, il 3d, etc.); inoltre la scelta del plurale ci sembrava idonea a coinvolgere gli artisti che lavorano nell’industria videoludica ma posseggono anche un profilo artistico autonomo rispetto alla produzione del videogioco, pur rimanendo nell’ambito “game”. Poi ci sono gli artisti che sono ancora artisti analogici, che riprendono soggetti e stili del gioco ma utilizzando tecniche e supporti classici, fisici, quindi non per forza digitali.

Vorrei invece sapere da Debora quando e come è nata l’idea di approfondire dal punto di vista critico/storico artistico l’argomento “game art”. L’idea è nata nel 2008. A seguito dei miei studi e del lavoro nell’ambito dell’arte contemporanea e dalla formazione di Luca Traini, storico, abbiamo osservato e analizzato tutto ciò che in questo inizio di XXI secolo potesse essere un’arte a più livelli, ossia che avesse sia una componente percepibile dal grande pubblico che una serie di livelli di lettura più approfonditi. 

Perché proprio le game art? Perché il secolo scorso è stato il secolo del cinema mentre questo secolo, dopo un approfondito studio dell’arte contemporanea basato anche sull’analisi dei numeri e sui dati della fruizione, crediamo sia caratterizzato dal videogioco. 

Cos’è successo dopo? A quel punto abbiamo iniziato ad analizzare i video games non dal punto di vista della produzione, ma da quello dei concept artists (che in quegli anni erano veramente rarissimi in Italia). La prima mossa importante fu cercare di conoscere e capire chi fossero questi artisti che lavorano alla produzione dei videogiochi e vedere i loro portfolio, selezionandone alcuni per la mostra The Art of Games (prima nel suo genere a livello internazionale) al Centro Saint-Benin di Aosta. Le opere scelte avevano una caratteristica nuova per l’arte contemporanea: contaminazioni videoludiche su soggetti originali. L’impianto innovativo della mostra, attraverso l’allestimento e una serie di attività collaterali, è stato calato nel tessuto culturale sia del territorio che internazionale. Mancava infatti, allora, una riflessione critica sul patrimonio fisico a cui l’industria videoludica si ispira e attinge e che crea un forte collegamento tra il reale e il fantasy.

Successivamente, nel 2009, abbiamo coinvolto tutti i soggetti allora attivi sulla cultura videoludica (dall’Università di Standford in California alle università italiane come la Cattolica, il Politecnico di Milano, etc.) per una serie di attività didattiche, conferenze e workshop; anche il CNR ha eccezionalmente sostenuto la mostra e le sue attività, riconoscendo il valore dello studio che stavamo portando avanti.

Un grande riconoscimento del vostro lavoro è arrivato anche dal mondo dell’arte contemporanea con la partecipazione alla 54 Biennale di Venezia e la realizzazione di un museo temporaneo di Assassin’s Creed all’interno del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano. Chiedo quindi a Luca: perché pensi sia necessario portare avanti questo genere di ricerca? Portare avanti questo genere di ricerca è assolutamente fondamentale per la Storia dell’Arte contemporanea; nonostante oggi i musei hanno iniziato ad esporre i videogiochi e le mostre temporanee sul tema ormai sono molto diffuse, a 14 anni dall’inizio del nostro percorso stiamo ancora facendo fatica a far capire che questa è arte contemporanea. La strada è ancora lunga. Inoltre, questo percorso ci permette di far conoscere l’identità e un riscontro critico dei singoli artisti e di dare anche ad un pubblico che non videogioca la possibilità di apprezzare queste forme d’arte, trasponendo opere digitali su supporti fisici (utilizzando materiali che meglio esprimono l’effetto ricercato nel digitale). 

Neoludica ha creato intorno a sé e alle sue attività un collettivo di artisti che voi definite digitalisti (perché anche quando lavorano in analogico, partono da un riferimento digitale). Debora, qual è l’importanza di unire gli artisti che si occupano di game art in un collettivo? Come diceva Luca, un obiettivo fondamentale di Neoludica è dare un volto e un riconoscimento critico a questi artisti che, pur mostrando un incredibile talento e un alto livello professionale, non vengono ancora riconosciuti sotto un profilo storico artistico. Da questa missione e dalla nostra vocazione naturale nel connettere le persone e ampliare costantemente i nostri orizzonti è nata l’esigenza di creare un collettivo (che attualmente conta 45 artisti) con obiettivi condivisi in cui ciascuno si possa riconosce. Il collettivo, infatti, offre la possibilità di unire le forze e scambiare saperi, pratiche e tecniche per la crescita di un progetto individuale e al contempo comune. All’interno del gruppo si sviluppano poi amicizie, legami di stima reciproca e rapporti professionali. Devo ammettere che ci divertiamo tantissimo!

Luca, nonostante io abbia fatto diverse ricerche non ho trovato altre realtà simili alla vostra. Vorrei quindi sapere come si inserisce il progetto di Neoludica nel panorama internazionale. Nel panorama internazionale il nostro progetto è ancora abbastanza unico. Negli anni siamo stati in diverse giurie all’estero, come in Svizzera o a San Francisco, ma non abbiamo mai trovato una realtà come la nostra che si occupasse di far conoscere il nome degli artisti a livello collettivo. Stesso discorso vale per la produzione di opere d’arte analogico-digitali da offrire ad un mercato dell’arte contemporanea dedicato in primis ai giovani (quindi anche con prezzi accessibili a questa fascia di nuovi collezionisti). 

Quale pensate sia la vostra forza? Entrambi crediamo fermamente che la nostra forza risieda nel prenderci cura dell’identità degli artisti, con la consapevolezza che questi incarnino una precisa predisposizione del pensiero contemporaneo, facendo spazio al nuovo e superando le forme artistiche del secolo scorso. 

Per chiudere vorrei chiedervi quali sono i vostri auspici per il futuro. Ci piacerebbe portare il collettivo oltre i confini nazionali attraverso mostre, performance, convegni e conferenze, incontrando e coinvolgendo nuove realtà e nuove persone sul nostro cammino.

Per maggiori informazioni riguardo Neoludica, potete consultare le loro pagine web:

https://neoludica.blogspot.com/

https://lucatraini.blogspot.com/p/neoludica-game-art-gallery.html

Credits:

Filippo Scaboro

STATE OF THE ART

particolari di un’opera di video arte

*Francesca Anedda, storico dell’arte

Francesca Anedda