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Caterina Arcuri, tra ricerca e sperimentazione visiva

Caterina Arcuri opera nel campo della ricerca e della sperimentazione visiva ed espone dagli anni Novanta.

Pur esprimendosi anche attraverso il video, la fotografia e la performance, la sua ricerca attuale è riconducibile soprattutto al disegno e all’installazione site specific. 

Nel 2014, in occasione della personale Fonti alla galleria TraleVolte di Roma realizza, per la prima volta, un’installazione in dialogo con l’architettura e il luogo, formula che pur divenendo, poi, la sua cifra espressiva, risulta in continua evoluzione. 

Il tempo, le sue stratificazioni e la memoria, risultano essere le principali direttrici della sua ricerca. 

Invitata a numerose rassegne in Italia e all’estero, ha esposto in diverse prestigiose sedi. 

È docente di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Catanzaro.

Puoi segnalare il tuo percorso di studi?

Il mio percorso di studi è stato contrassegnato dall’Accademia e dal Conservatorio. 

Avvicinarmi contemporaneamente alle arti visive e alla musica mi ha abituata a guardare il mondo con gli occhi della mente.    

Puoi raccontare i desideri iniziali e i sentieri che avevi intenzione di seguire?

Il sogno che ha caratterizzato tutta la mia vita è costituito dal viaggiare. Nei numerosi e  bellissimi viaggi che ho fatto nei posti più disparati del pianeta ho imparato a guardare le cose dal punto di vista di chi mi stava di fronte e attorno, conoscendo culture, religioni e stili di vita differenti e straordinari.

Quando è iniziata la voglia di “produrre arte”? 

L’arte è entrata nella mia vita prima dell’alfabeto, perché quando, da piccolissima, mi portavano nella libreria di famiglia, un ottimo modo per tenermi buona era quello di lasciarmi sfogliare i libri sui grandi pittori. Questi libri hanno quindi contribuito a formare in me un immaginario da pittore ancor prima che imparassi a leggere!         

Mi puoi indicare gli artisti bravi che hai conosciuto?

Ho conosciuto diversi grandi Artisti. Accanto a Toni Ferro che è stato mio compagno d’arte       e di vita, mi sono trovata a vivere negli ambienti artistici sia “istituzionali”, che ruotavano attorno alle grandi gallerie e alle Accademie, sia in quelli d’avanguardia e di contestazione, che sceglievano la strada come palcoscenico della loro arte, avendo le donne e gli uomini “comuni” come interlocutori prediletti. Tra questi ultimi mi sento di citare Julian Beck, Judith Malina ed il Collettivo del Living Theatre. 

Quali piste di maestri hai seguito?

Ho sempre tenuto particolarmente all’originalità delle mie scelte e, dei Maestri che hanno caratterizzato la scena artistica del XX secolo, ho apprezzato molto le idee, piuttosto che le “mode” che andavano lanciando. Figure eminenti come Beuys hanno fatto scoprire a tutti      noi territori nuovi ed affascinanti e modalità di relazione con il pubblico, semplici ed efficaci.

Quali sono le tue personali da ricordare?

Una personale che cito sempre è quella che feci a TRAleVOLTE, a Roma, dove per la prima      volta realizzai una installazione site-specific, nella quale l’architettura del luogo “entrava” mediante il rispecchiamento. Questa straordinaria esperienza mi ha aperto una strada che ancora oggi percorro. 

Puoi precisare i temi e i motivi delle ultime mostre?

Il mio lavoro più recente è caratterizzato innanzitutto dal tentativo di porre lo spettatore al centro dell’opera, assegnandogli un ruolo propulsore e decisivo.

I temi sempre presenti nelle mie installazioni sono il tempo (e la nostra percezione di esso) e l’attraversamento. Già Transforma, ormai diversi anni fa, ragionava sul tema della metamorfosi e delle stratificazioni temporali che caratterizzano e costituiscono il “presente”. Questi temi si sono andati distillando in Lapsus Temporis nella quale il concetto dell’attraversamento e del tempo come dato “relativo” vengono esaltati e la sensibilità dello spettatore viene traghettata in una dimensione metafisica. 

In H24 il mio tentativo è quello di farmi affiancare dallo spettatore in un percorso caratterizzato da oggetti la cui immagine riflessa diviene concetto e danza, gioco e favola.            

Dentro c’è la tua percezione del mondo, forse, ma quanto e perché?

Non proprio, forse nelle mie installazioni, anche in forma non del tutto consapevole, ricostruisco quegli ambiti nei quali, ogni giorno, io e milioni di esseri umani ci troviamo a disagio … ma costruisco anche macchine sensitive che mi aiutano e possono aiutarci, questo disagio, a superarlo.   

L’Italia è sorgiva per gli artisti dei vari segmenti? La Calabria, la Puglia, il Sud, la “vetrina ombelicale” milanese cosa offrono adesso?

L’Italia continua a rappresentare un’ottima Nazione in cui nascere e l’arte continua a essere uno dei suoi motori. Non sono esperta di vetrine, vado dove mi chiamano, dando, sempre, il mio meglio e, devo confessarti, che le soddisfazioni più belle le ho ottenute lontano da qualsiasi riflettore.

Pensi di avere una visibilità congrua?

La visibilità va cercata e, come sai, non sono abilissima a farlo. La cosa che conferisce quasi sempre visibilità sono le buone idee unite ad una certa dose di azzardo e a quello che i greci chiamavano kairos, cioè nell’essere nel luogo giusto al momento giusto. Se le nostre idee sono originali, prima o poi, la visibilità arriva.

Contrattempo, 2022 – terracotta, legno, smalto, vernice – installazione dimensioni ambiente – foto Roberto Privitera

Quali linee operative pensi di tracciare nell’immediato futuro?

Faccio pochi progetti, ho in serbo alcune idee per delle grandi installazioni, ma sono anche felice di quelle che ho appena realizzato, al MACA di Acri, affiancata da ragazzi entusiasti che vedono nell’arte un valore e un momento di arricchimento culturale. Questo voglio fare, avere a che fare con chi, come me, crede che l’arte possa migliorare il mondo in cui viviamo!

Pensi che sia difficile riuscire a penetrare le frontiere dell’arte? Quanti, secondo te, riescono a saper “leggere” l’arte contemporanea e a districarsi tra le “mistificazioni” e le “provocazioni”?

L’arte ha sempre rappresentato un mondo complesso. Certi eccessi o provocazioni, sembrano insiti nel concetto stesso di arte e, a volte, fanno da catalizzatore dell’attenzione di fette di pubblico importanti. Quanto al “leggere” ed al “distinguere”, anche questo non è mai stato e non è semplice. Personalmente, cerco di incontrare e di affiancare il mio pubblico senza temere le semplificazioni, anzi, accogliendole con gioia, quando queste aiutino a creare un momento di condivisione di concetti che, altrimenti rimarrebbero congelati e, in qualche misura, prigionieri, dell’opera stessa. 

I “social” t’appoggiano, ne fai uso quotidiano?

Amo i social come momento di condivisione di informazioni e idee, non sono abilissima nel loro utilizzo ma scopro, ogni giorno, le possibilità che offrono e i linguaggi che, nel loro ambito, nascono ed evolvono.

Con chi ti farebbe piacere collaborare tra critico, artista, art-promoter per metter su una mostra o una rassegna estesa di artisti collimanti con la tua ultima produzione?

Amo collaborare con i giovani, anche quando questo comporti qualche esitazione o qualche       fatica in più. Sto prendendo in considerazione, con gioia, una serie di inviti che ho ricevuto da eventi di street-art, perché in questo ambiente ritengo di poter portare un pizzico della mia esperienza, imparando, di continuo, cose nuove.     

Vis à Vis, 2019-2022 – terracotta, legno, acciaio inox (particolare dell’installazione) – dimensioni ambiente – foto Roberto Privitera

Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi impegni?

Quando si fa arte, difficilmente si piace a tutti o tutti ci ricorderanno, ma è vero anche che qualcuno che comprenderà il nostro messaggio ci sarà sempre. Una volta osservavo una famiglia passeggiare tra i moduli in acciaio di una mia installazione, mentre la bambina curiosava tra i moduli, il fratellino più grande, annoiato, aprì la finestra, sporgendosi e lasciando entrare i raggi del sole. La bambina, continuando a guardare solo i moduli a terra, esclamò: “… mamma, guarda: il cielo!” È per lo stupore, la gioia e la curiosità di quella bambina che continuo a fare arte.        

Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare l’arte in ambito scolastico, accademico, universitario e con quali metodi educativi esemplari?

Sono docente dell’Accademia e l’arte è il solo argomento delle mie lezioni. I giovani si avvicinano all’arte in maniera naturale, come fanno con la musica o con lo sport. Credo che il miglior modo affinché possano sceglierla come “linguaggio” e come professione, sia quello di lasciarli liberi di sperimentare, fidandoci della loro curiosità e del loro talento. Una volta che il talento emerge, ovviamente, va alimentato di informazioni e arricchito di formazione, cosa che le Accademie fanno in maniera egregia.  

Prossime mosse, a NY, Roma, Londra, Parigi, …?

New York, ovviamente! 

Che futuro si prevede post-Covid-19 e post guerra Ucraina-Russia?

Il sottotitolo di H24 è Ricordo il futuro e nel testo in catalogo dico che “Se è vero che il passato può ripresentarsi (sotto forma di epidemia o di guerra), è altrettanto vero che il futuro deve tornare ad avere un ruolo decisivo nella nostra vita!” Il futuro cui alludo è sia quello che ognuno di noi sogna e a cui aspira, sia quello costruito e voluto per noi, mediante le loro lotte, dalle generazioni che ci hanno preceduto. 

Il percorso rappresentato da H24, si conclude con una grande installazione: KA2019 macchina sensitiva, che accoglie le nostre emozioni, chiudendo il percorso della mostra in un verso ma riaprendolo a ritroso e determinando quanto afferma il fisico Carlo Rovelli, ovvero che “… se il passato lascia tracce, è così anche per il futuro.”!

*Maurizio Vitiello, critico

Maurizio Vitiello