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Kraina FM, una radio libera contro la guerra

Nel cuore dei Carpazi, al centro di una Ucraina trafitta da bombe e morte, i due giornalisti ucraini Roman Davydov e Bogdan Bolkhovetsky, hanno fatto della loro stazione radio Kraina FM il primo polo di resistenza mediatica nazionale. La loro storia è complessa e travagliata, come molte delle storie che da un mese a questa parte accompagnano la nostra quotidianità. Nei primi giorni della guerra i due conduttori sono infatti fuggiti da Kiev con le loro famiglie per trovare rifugio in un luogo sicuro. Dopo aver iniziato le loro trasmissioni clandestinamente con il poco materiale recuperato dal loro studio di Kiev prima di fuggire, il Consiglio nazionale ucraino per la televisione e la radio, ha chiesto ai due giornalisti di usare la loro stazione per trasmettere le notizie governative ma loro hanno rifiutato. Kraina FM è così diventata un baluardo di resistenza. Certamente la diffusione di informazioni in tempo reale è una loro prerogativa ma le loro attività più importanti sono quelle di diffusione di aiuti umanitari, le interviste con esperti che raccontano come gestire la propria quotidianità in guerra, rivolte non solo agli adulti ma anche ai bambini, per concedergli un briciolo di spensieratezza infantile. Questo episodio ci ricorda quanto la storia sia ciclica e si ripeta, avvolgendosi su sé stessa tra le pieghe del tempo. È buffo infatti come quasi cento anni fa, attorno al 27 settembre 1938, anche Radio Londra, sfuggendo alla propaganda nazi fascista, trasmetteva lo stesso sentimento di libertà dei due giornalisti ucraini. Queste le parole del Colonnello Stevens, storica voce di Radio Londra – Protesta muta, anche se non sorda; spontanea, anche se inorganica; concorde, anche se sgorga da sentimenti diversi e contrastanti; vasta, anche se composta da elementi individuali; e progressivamente sempre più vasta, più concorde, più spontanea1– Nel 2022 così come nel 1938 la migliore forma di resistenza è soltanto la parola, strumento di difesa culturale per eccellenza ma è la parola attraverso la radio. La parola così come la radio sono infatti due elementi, come diceva Stevens, inorganici e spontanei, strumenti individuali ma di affermazione collettiva poiché capaci di arrivare ovunque, in ogni parte del mondo. Così come Davydov e Bolkhovetsky nel loro scantinato parlano ai loro microfoni con il capo coperto da un panno per attutire il rumore dei bombardamenti, così accadeva nel 1938, quando le bombe di Hitler distruggevano vite, sogni e speranze. Ora come allora, il coraggio degli uomini e delle donne attraversa gli oceani e le catene montuose, facendo breccia nel muro di violenza e morte che si è posato di nuovo su di noi e che, si spera, possa finire il prima possibile.

Arianna Di Biase