VerbumPress

Alle Canarie ma a 2400 metri: diario di un’astrofisica gamma

>> bolle spaziali

Nell’attimo in cui affermo di essere un’astrofisica, il pensiero più comune porta le persone ad immaginarmi sempre al telescopio a guardare le stelle. Ovviamente è normale che sia così ma il mio mestiere nasconde un numero di sfaccettature incredibile ed è davvero difficile mostrarle e descriverle tutte. però ne varrebbe la pena.

Io sono un esempio vivente. Ho passato il mio dottorato ad analizzare e interpretare dati dal satellite italiano AGILE (Principal Investigator Marco Tavani, attuale presidente dell’INAF), che lavora nella banda gamma dello spettro elettromagnetico (la luce più energetica che esista); lavoro da farsi totalmente davanti a un computer che, però, diventa una bacchetta magica quando da quei dati tira fuori risultati entusiasmanti. Poi per tre anni mi sono data allo studio teorico dei fenomeni fisici che avrebbero potuto spiegare i dati di AGILE; lavoro da farsi programmando al computer, studiando articoli e creando modelli fisici che potessero spiegare i dati. Poi ho iniziato la mia esperienza, sempre nella banda gamma ma alle altissime energie, con i progetti ASTRI e ASTRI Mini-Array (Principal Investigator: Giovanni Pareschi), mettendo le mani su ciò che è necessario per passare dal segnale raccolto da un telescopio a quello fisico che deve essere interpretato. E solo ora, per la prima volta nella mia vita da astrofisica, sto raccogliendo i dati da un telescopio a Terra, il Large Size Telescope (LST) del progetto CTA (Cherenkov Telescope Array), sempre nella banda Gamma delle altissime energie, la stessa di ASTRI.

LST immortalato durante le osservazioni con la Via Lattea sullo sfondo

Questa esperienza, mentre scrivo (seconda settimana di Settembre), è iniziata da circa dieci giorni e dovrò stare quassù fino al 17. Quassù significa all’osservatorio di Roque de los Muchachos sull’isola La Palma, Canarie. Sì, lo so, la prima reazione è “Wow! Fighissimo!” e in parte lo è di certo. Però considerate che siamo isolati a 2400 metri si altezza, vedendo l’oceano solo da molto lontano perché il tempo di scendere c’è giusto una volta a settimana, a causa dei turni notturni che ci obbligano a dormire di giorno. Bello ma non ci vivrei, come si suol dire. Fatto sta che sono qui e ho pensato potesse essere interessante raccontarvi la quotidianità vissuta da me e i miei colleghi in questo posto in cima al mondo, tra telescopi e nuvole, tra monitor e stelle, tra cibo e chiacchiere.

Il progetto CTA per cui sono quassù prevede la costruzione di una cinquantina di telescopi gamma di tre diverse dimensioni tra l’emisfero Sud, in Cile, e l’emisfero Nord, appunto qui a Roque de los Muchachos. LST è il primo telescopio funzionante, inaugurato nel 2018 ed è uno dei telescopi di dimensione maggiore, che saranno in tutto 4 nell’emisfero nord, con uno specchio di 23 metri segmentato in 198 specchi esagonali. LST è stato costruito accanto ai due telescopi gamma di un altro progetto, MAGIC, il primo dei quali inaugurato nel 2004. Tutti e tre questi strumenti, del peso di diverse centinaia di tonnellate, si chiamano Imaging Atmospheric Cherenkov Telescopes (IACT). Il motivo è legato al metodo con cui ci permettono di rivelare la luce gamma, la luce più energetica che esista proveniente dalle sorgenti più potenti dell’universo (dai resti di stelle esplose che accelerano particelle a due buchi neri che si fondono). Un fotone gamma di altissime energie arriva a Terra con una frequenza bassissima, circa 1 fotone all’ora per metro quadro nel migliore dei casi. Conseguentemente dobbiamo fare in modo di amplificare la probabilità di rivelarli e lo facciamo usando l’atmosfera. Quando arriva un fotone gamma, questo interagisce con essa e inizia produrre, per esempio, una coppia elettrone-positrone (due particelle di carica opposta) che a loro volta interagiscono e ne producono altre e così via, a cascata. Questa “shower” di particelle viaggia a velocità maggiori della luce…Sì, avete letto bene ma tranquilli. Possono farlo perché la luce viaggia più velocemente di qualsiasi altra cosa soltanto nel vuoto mentre in un mezzo, che sia l’aria o l’acqua per esempio, la sua velocità può essere superata. E questo è quello che succede. Nel momento in cui le particelle relativistiche prodotte dal fotone gamma superano la velocità della luce si crea un “boom luminoso” che è l’equivalente del “boom sonico” degli aerei supersonici. Questo boom luminoso è caratterizzato da una luce ottica bluastra, che va verso l’ultravioletto, e che arriva fino a terra in un cono che raggiunge quasi i 250 metri di diametro. Questa è la cosiddetta “luce Cherenkov”, chiamata così’ dal nome del suo scopritore, il fisico sovietico Pavel Cherenkov appunto. Ed è questa che LST, come anche i telescopi MAGIC e tutti gli altri telescopi per il gamma alle altissime energie sparsi per il mondo, rilevano per poi analizzarla e ricavare informazioni sul fotone iniziale. 

La domanda potrebbe essere: ma mettere a fuoco come si fa nell’ottico (vedi le classiche fotocamere)? Eh, sarebbe gajardo se si potesse fare ma i fotoni gamma sono talmente energetici che non si interessano minimamente di lenti o specchi, semplicemente li trapassano, motivo per cui ci siamo dovuti ingegnare. E nemmeno vi ho detto tutto eh. A seconda di quali energie gamma parliamo, i metodi di rivelare questa radiazione sono diversi e dipendono dai soldi a disposizione, dallo scopo e dalla tecnologia. Insomma, un bel casotto. Fatto sta che io ora sono quassù, nello splendido posto che potete osservare in foto, a fare i turni di notte per raccogliere dati da questo bestione e, soprattutto, per capire cosa e come possa essere migliorato visto che siamo proprio all’inizio non solo della sua vita ma di quella dell’intero progetto CTA.

Figura 1 – Io di fronte al telescopio LST durante al giro per la sicurezza

Come si svolgono queste tre settimane quassù per me e per i miei colleghi? Beh, prima di tutto abbiamo dovuto invertire i ritmi sonno-veglia visto che dobbiamo osservare di notte. Personalmente dormo la mattina dalle 4.30 o dalle 8.00, a seconda i turni, fino a ora di pranzo. Mi alzo e faccio colazione, quindi, verso le 14-14.30…sì, con latte e cereali. So che potreste dirmi che vista l’ora potrei farmi un piatto di pasta ma quando mi sveglio io voglio il latte, indipendentemente dall’ora. Nel pomeriggio solitamente passeggio, da sola o con gli altri, per combattere la sedentarietà del lavoro e lavoro al computer sugli altri progetti in cui sono in ballo, per quanto in realtà ci venga espressamente richiesto di non lavorare di giorno per non crollare la notte al telescopio. Si cena verso le 19:30 per fare un modo di mangiare tutti insieme, sia coloro che hanno il primo turno di notte, 20:30 – 1:00, sia coloro che hanno il secondo, 1:00-6:30, sia coloro che hanno la notte di riposo.  Si cucina a turno, dando priorità a chi ha il turno più tardi o a chi ha un’idea precisa e soprattutto a chi sa cucinare qualcosa! Nel caso io abbia il primo turno, insieme a uno dei miei colleghi (si lavora sempre in due per evitare di fare sciocchezze) si va verso il telescopio e si accede nel container di lavoro situato sotto al telescopio. Qui abbiamo ben 12 monitor!!! Quattro operativi e quattro di monitoraggio o di appoggio. Nei quattro operativi mandiamo i comandi al telescopio, agiamo manualmente nel caso di problemi, compiliamo un report dettagliato di tutto ciò che accade durante la notte e abbiamo sempre aperto un canale di comunicazione con i vari esperti da tutto il mondo perché il progetto CTA coinvolge più di 30 paesi. Negli altri monitor invece, controlliamo le webcam del telescopio, il meteo, l’elettronica, i parametri atmosferici e la posizione delle stelle nel cielo. La prima cosa da fare, uguale a se stessa ogni notte, è togliere il telescopio dalla sua posizione di riposo, scaldare il rivelatore, sbloccare i fermi che non gli permettono di muoversi e controllare che tutto sia connesso e raggiunga i parametri giusti per il funzionamento. Dopodiché si segue una schedula ben precisa e decisa dall’alto che può prevedere anche dei test ma principalmente si focalizza sul puntamento di una sorgente. Si va avanti per tutto il turno seguendo le istruzioni a meno di eventuali problemi. In tal caso, come prima cosa, si butta un occhio al manuale per vedere se c’è già proposta un’eventuale soluzione, si prova ad attuarla e in caso si fallisca, si contattano gli esperti. Chiaramente siamo in piena notte e non è banale trovare qualcuno pronto a intervenire…fortunatamente, però, questo come la maggior parte degli altri progetti hanno collaboratori in tutto il mondo e quindi c’è sempre un fuso orario buono che permette di ricevere una risposta.

Come ultimo passo prima di terminare il turno bisogna seguire a ritroso tutta la procedura iniziale, portando il telescopio nella sua posizione di riposo, spegnendo e chiudendo tutto ciò che c’è da spegnere e chiudere, assicurandosi che tutto torni in quiete prima di abbandonare la postazione. Questo ultimo passo spetta a chi ha il secondo turno della notte oppure a chi ha avuto la notte piena (eh sì, è prevista eccome). A questo punto si torna alla residenza, solitamente a piedi anche se intorno c’è il buio più totale necessario a evitare di interferire con le osservazioni dei telescopi. E poi, questo buio totale, permette di vedere un cielo da quassù ragazzi, che vi mozza il fiato.

Insomma, queste sono e saranno le mie giornate fino al 17 settembre. I dati che raccogliamo potrebbero essere fonte di qualche importante scoperta che è lì in attesa che qualcuno se ne accorga, per ricordarci che anche se in realtà ormai noi astrofisici non abbiamo più un occhio nel telescopio, la magia che possiamo fare è sempre la stessa: svelare ciò che l’universo ha da raccontarci.

Ps Sul mio canale YouTube “Più Spazio per Tutti” e sulla mia pagina facebook “Roma Caput Astri” trovate un diario video di questa esperienza più versi, foto e qualche video in diretta.

*Martina Cardillo, astrofisica

Martina Cardillo