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La trilogia di Corfù: piccolo mondo felice

“Questa è la storia dei cinque anni che ho trascorso con la mia famiglia nell’isola greca di Corfù. In origine doveva essere un resoconto blandamente nostalgico della storia naturale dell’isola, ma ho commesso il grave errore di infilare la mia famiglia nel primo capitolo del libro. Non appena si sono ritrovati sulla pagina, non ne hanno più voluto sapere di levarsi di torno, e hanno persino invitato vari amici a dividere i capitoli con loro”.

Con queste parole si apre La Trilogia di Corfù, l’opera in cui Gerald Durrell descrive, per l’appunto, i cinque anni trascorsi con la famiglia sull’isola greca dal 1935; opera che si compone di tre volumi: La mia famiglia e altri animali (My Family and Other Animals, 1956), L’isola degli animali (Birds, Beasts and Relatives, 1969) e Il giardino degli dei (The Garden of the Gods, 1978).

Gerald “Gerry” Malcolm Durrell, naturalista e zoologo, nacque in India, nel Jamshedpur, nel 1925, figlio minore di di Louisa Florence Dixie e Lawrence Samuel Durrell, entrambi venuti al mondo in India, ma di discendenza rispettivamente inglese ed irlandese. Nel 1928 il padre, ingegnere britannico, morì e la famiglia si trasferì dapprima in Inghilterra, nella zona meridionale di Londra, salvo poi spostarsi, nel 1935, sull’isola greca di Corfù, dove il giovanissimo Gerry, insofferente ai banchi di scuola e allo studio formale, diede sfogo alla sua innata passione per la zoologia e fu educato in casa da diversi amici di famiglia e tutori.

Quando scoppiò la II Guerra Mondiale, i Durrell fecero ritorno in patria e, al termine del conflitto, Gerald iniziò a lavorare presso lo Whipsnade Zoo, iscrivendosi al contempo all’Università di Southampton, dove nel 1952 si laureò in Biologia con specializzazione in Zoologia.

Nel 1958 si trasferì sull’isola di Jersey, dove proseguì le sue ricerche naturalistiche e fondò lo Zoo di Jersey e la Durrell Wildlife Conservation Trust, organizzazione per la salvaguardia delle specie rare e in via di estinzione.

Gerald partecipò a numerose spedizioni naturalistiche, spesso accompagnato dalla prima moglie Jacqueline Sonia Wolfenden, e collaborò per anni con la BBC Natural History unit. Successivamente sposò Lee McGeorge Durrell, che a sua volta lo affiancò nelle sue numerose attività per la salvaguardia della natura e degli animali.

Negli anni Ottanta Gerald iniziò ad avere problemi di salute, nel 1994 subì un trapianto di fegato e nel 1995 morì; le sue ceneri furono seppellite nello Zoo di Jersey.

Gerald Durrell fu un autore prolifico, scrivendo una quarantina di libri che si rivelano i documenti migliori per conoscerlo, poiché basati sulle sue esperienze di vita; volumi che uniscono autobiografia e zoologia, puntuale ricerca scientifica e deliziosa ironia.

Emblematica, in tal senso, La Trilogia di Corfù, un racconto in cui la penna felice e leggera di Durrell riesce a trasportarci in quello che per l’autore è stato un vero e proprio paradiso terrestre, donandoci il respiro della natura selvaggia della Grecia, coinvolgendoci con abilità nelle sue esplorazioni e nelle sue osservazioni della fauna locale, facendoci ridere di gusto di fronte alle stramberie della famiglia Durrell e dei Corfioti, che lo humor inglese di Gerald riesce a riportare con la più assoluta naturalezza rendendo, proprio in virtù della serenità della narrazione, ancor più comici i tanti già di per sé assurdi aneddoti di cui ci rende partecipi, consegnando nelle nostre mani un prezioso tesoro.

“Nelle pagine che seguono ho cercato di dare un quadro preciso e tutt’altro che esagerato dei miei familiari; essi sono rappresentati come li vedevo io. Per spiegare alcuni dei loro tratti più strambi, comunque, mi sento in obbligo di precisare che nel periodo in cui stemmo a Corfù eravamo tutti molto giovani: Larry, il più grande, aveva ventitré anni; Leslie diciannove; Margo diciotto; mentre io ero il più piccolo, avendo appena toccato il tenero e impressionabile traguardo dei dieci anni. Non siamo mai stati molto sicuri dell’età di mia madre per il semplice motivo che lei non riesce mai a ricordarsi la sua data di nascita; posso dire soltanto che era abbastanza avanti negli anni da avere quattro figli. Mia madre vuole anche ch’io dica che è vedova, perché, come ha osservato acutamente, non si sa mai che cosa può pensare la gente”.

Questi i componenti della famiglia: Larry, il figlio maggiore, futuro scrittore, l’intellettuale della famiglia, che negli anni passati a Corfù riceve le visite di numerosissimi amici appartenenti al panorama letterario e artistico internazionale del tempo; Leslie, appassionato di armi da fuoco; Margo, unica figlia femmina, alle prese con la perenne lotta contro acne e pinguedine adolescenziali; Louisa, la madre accondiscendente e amante della cucina; e naturalmente Gerry. Gerry che specifica di descrivere i suoi familiari così come lui li vedeva, e che con questa frase rivela in realtà uno degli elementi che rendono la sua narrazione tanto piacevole. Durrell, infatti, riesce a mantenere nella matura scrittura dell’uomo adulto lo sguardo del ragazzino, che tutto osserva pieno di curiosità e privo di pregiudizi, sempre disposto ad accettare qualsiasi manifestazione, anche la più insolita, con gioia e senza turbamento, restituendoci il suo personale piccolo mondo e facendo sembrare tutto una favola. 

Sull’isola Gerry è libero di scorrazzare all’aperto tutto il giorno, dotato del suo equipaggiamento per la raccolta di animali selvatici (che poi regolarmente porta a casa per studiarli con più agio, allestendo loro teche, scatole e gabbie come fossero bestiole da compagnia), accompagnato dal fidato cane Roger e successivamente dal gufo Ulisse e dai cagnolini Vomito e Pipì, nelle campagne, in groppa all’asinella Sally, o sulle coste, a bordo dell’Opima-Culandrona, la barca quasi circolare dal fondo piatto e con la tendenza a sbandare a dritta costruitagli dal fratello Leslie. 

Spesso lo affianca nelle sue escursioni Theodore Stephanides, il suo mentore sull’isola, medico e scienziato d’indescrivibile e apparentemente omnicomprensiva cultura, radiologo, naturalista, biologo, poeta, scrittore e traduttore, che lo guida ad un apprendimento più sistematico della zoologia e che è amatissimo dall’intera famiglia, cui fa regolarmente visita. 

C’è poi Spiro, un factotum rispettato e conosciuto da tutti che, animato da una vera e propria venerazione per gli stranieri, prende sotto la sua ala protettrice i Durrell, prodigandosi per aiutarli in qualsiasi occasione e divenendo nel tempo uno di famiglia.

E Lugaretzia, l’anziana cuoca “[…] sempre afflitta almeno da quindici o sedici disturbi, cui dedicava tutti i pensieri, le attenzioni, le cure che altri prodigano ai fiori sul davanzale o al cagnolino di casa”3; Richard Kralefsky, insegnate di Gerry, per il quale “[…] possedeva due amabilissime qualità: innanzitutto un profondo amore per la storia naturale […]; in secondo luogo la capacità di essere un sognatore. Kralefsky, almeno per una certa parte del tempo, viveva in un mondo di sogni in cui lui era sempre l’eroe. Spesso mi raccontava queste avventure, nelle quali risultava invariabilmente accompagnato da un’eroina di cui non diceva mai il nome, a cui si riferiva solo definendola ‘una signora’.”; la contessa Mavrodaki, che vive sola nella sua villa divertendosi a battibeccare col domestico; il capitano Creech, volgare lupo di mare amante dell’alcol e delle donne che si invaghisce di Louisa, con sommo raccapriccio di quest’ultima; e tutti gli amici di Larry, solo per citarne alcuni Sven, Max, Donald, Prince Jeejeebuoy che, in virtù del suo nome, la famiglia Durrell pensa essere un principe, affannandosi a preparargli il migliore dei benvenuti, salvo poi scoprire che Prince è semplicemente il suo nome di battesimo, un capriccio della madre per rendere più nobile la sua umile famiglia.

Un ambiente caleidoscopico, dove colori, profumi, persone e animali si mescolano in un mix di avventure tanto esilaranti quanto distensive e rilassanti, in un’atmosfera che pare non possa essere turbata da nulla, nemmeno dalle visite più inaspettate.

“La mamma era seduta per terra, scomodamente appollaiata su un cuscino, e reggeva circospetta in una mano una corda alla cui estremità era attaccato un piccolo montone, nero e un po’ troppo vivace. Seduti attorno a lei, a gambe incrociate su altrettanti cuscini, c’erano un vecchio in tarbush dall’aria fiera, e tre donne pesantemente velate. […] La mamma mi scoccò uno sguardo angustiato <<Grazie al cielo sei tornato, caro>> disse lottando con il montone, che per sbaglio le era sgambettato in grembo. <<Questa gente non parla inglese>>.

Le chiesi chi fossero.

<<Non lo so>> disse lei, disperata. <<Sono semplicemente comparsi mentre preparavo il tè, e sono qui da ore. Non capisco una parola di quello che dicono. Hanno insistito per sedersi sul pavimento. Credo siano amici di Margo; certo, potrebbero anche essere amici di Larry, ma non sembrano abbastanza intellettualoidi>>”.  

Un piccolo mondo ai confini della realtà, un periodo felice, lontano dalle preoccupazioni. Anni di libertà e serenità, come afferma lo stesso autore: “[…] a quel tempo eravamo discretamente agiati, e anche qualcosa di più, secondo gli standard della Grecia; nessuno di noi lavorava, almeno nel senso comune del termine, e trascorrevamo pertanto buona parte del tempo a divertirci. […] Per quanto mi riguarda, [questo libro] racconta una parte molto importante della mia vita e qualcosa che, sfortunatamente, molti bambini di oggi sembrano non avere, vale a dire un’infanzia davvero felice e illuminata dal sole”.

Ed è proprio ciò che traspare da ogni pagina di una lettura che rimette in pace col mondo e che si rivela una preziosa via di fuga dalle angustie del quotidiano, soprattutto in momenti difficili come quelli che stiamo affrontando, restituendoci un po’ della leggerezza che abbiamo perso e che speriamo di ritrovare al più presto.

Nel frattempo, possiamo rifugiarci a Corfù, dove la villa dei Durrell sarà per noi sempre aperta.

*Monica Siclari, dottoressa in comunicazione per l’impresa

Monica Siclari