VerbumPress

Le parole che non ti ho detto

Ai genitori che sono andati via troppo presto, 

ai figli che tra lacrime e dolore ne conservano il ricordo.

Quando stai per morire te ne accorgi. Inizi a guardare il cielo un po’ più spesso e a porti un paio di domande insolite, spesso anche bizzarre. Ti chiedi se in mezzo a tutto quel blu c’è pure un po’ di mare, se da lassù si può vedere la serie A e la Champions, se la pasta con il pesce la fanno buona come quella di mamma, se la domenica a fine pranzo c’è anche il dolce. Quando stai per morire, lo sai. Il cuore diventa leggero leggero che nemmeno lo senti più, gli occhi fanno fatica a restare aperti e persino respirare diventa un serio problema. 

Le malattie come la mia portano via le persone senza farsi troppi problemi, senza alcuna pietà per le bambine belle come te e senza compassione per i papà come me che poi restano in disparte. Ti dico in disparte perché non credo di scomparire. Voglio dire, morirò, certo, e tu non potrai più vedermi, ma non andrò via. Starò accanto a te, in disparte, ovvio, ma pur sempre al tuo fianco. Per questo ti dico, le poesie, quelle per la festa del papà, quelle in occasione del Natale o della Pasqua, e tutte le altre, continua ad impararle. E sali sulla sedia, gonfia bene bene il petto, fai un respiro enorme e recitale alla mamma, ma anche a me che sarò nascosto dietro l’albero o seduto sulla mia solita poltrona ad ascoltarti. 

Quando stai per morire pensi a tutto ciò che lasci qui. E ti rendi conto che questa vita è un po’ ingiusta perché non c’è alcun genitore al mondo che meriti di stare lontano dai suoi figli. Prendi me, per esempio. Io meritavo di aspettarti rientrare a casa la sera, magari pure un po’ imbronciato per il tuo ritardo; meritavo di accompagnarti al tuo primo concerto e chiederti ogni minuto “Ma chi è questo tizio che stiamo andando a vedere?” perché io il nome del tuo cantante preferito lo avrei pure imparato a memoria ma non avrei mai smesso di guardare la tua faccia felice, entusiasta di stare sotto al palco e cantare a squarciagola le canzoni che ti fanno emozionare, che ascolti nelle tue cuffiette ogni volta che vuoi abbassare il rumore del mondo. Meritavo di vederti crescere e ringraziare ogni giorno tua madre per avermi reso l’uomo più felice del pianeta. Però la vita ha detto no, ha deciso che questa cosa qui che fanno un po’ tutte le persone del mondo io non posso farla. Io non posso insegnarti ad andare in bicicletta, abbracciarti forte dopo la tua prima caduta e aiutarti a riprovare. Non posso conoscere il tuo primo amore, non posso accarezzarti i capelli mentre piangi per una storia finita male, non posso accompagnarti all’altare e, nel tragitto, chiederti se sei davvero sicura del passo che stai per fare o se preferisci mollare tutto e scappare. 

Sono consapevole che ci saranno giorni in cui mi odierai, giorni in cui guarderai il cielo pensando che io l’abbia fatto quasi a posta a lasciarti da sola, giorni in cui crederai di non farcela. Ti sentirai abbandonata, amareggiata, delusa. E penserai che nessuno potrà capirti, a parte il vento che sarà lì per asciugarti le lacrime. Credimi che non ti lascio sola, te lo prometto. Non possiamo fare tutte le cose che fanno gli altri, è vero, ma possiamo essere poesia a modo nostro, come solo noi sappiamo. Ecco, questa cosa qui che sto scrivendo è la nostra poesia. Sto iniziando io perché tu sei ancora piccola, perché devo ancora tenerti la mano e non posso lasciarti andare da sola. Arriverà quel giorno in cui diventerai donna e toccherà a te continuare questo nostro progetto. Si chiama vita, amore mio. Sì, questo progetto qui che io sto iniziando a scrivere per te si chiama vita. Sembra quasi un controsenso perché io di vita non è che ne abbia molta. Tu sì, però. Hai tutte le possibilità di questo mondo. 

Ti prego, non ti arrendere, insegui i tuoi sogni e combatti per i tuoi ideali. Capiteranno quelle volte in cui ti sentirai dire che non vali niente, che forse è meglio se ti metti da parte, nascosta tra le ultime file. Quando qualcuno ti dirà cose come queste ti consiglio di sorridere e cantare una canzone allegra. Non lasciarti eclissare. Non credere mai che tu sia sbagliata o incapace di fare quello che sogni. Nel corso della mia breve vita ho imparato che spesso le parole peggiori escono dalle bocche che non sanno tacere e che, per non restare in silenzio, tirano fuori il marcio e la zizzania che hanno coltivato nel corso degli anni.

Innamorati, prima di te e poi di qualcuno che ti rispetti come meriti, che ti dia il doppio dell’amore che ti ho dato io. Sii felice, impegnati. E quando la malinconia ti stringerà forte il cuore guarda il cielo. Ci sono le stelle con cui parlare, e poi ci sono io. Non voglio essere la tua prima scelta, non voglio che tu ti senta obbligata a parlare con me. Voglio che tu venga da me solo se ne hai voglia, solo quando tutto il resto del mondo non ti ha dato la risposta che cerchi e soprattutto le volte in cui il cuore non riuscirà a sopportare il nostro ricordo.

Quando stai per morire speri che non sia così terribile come dicono. Ti rendi conto che non basta solo chiudere gli occhi, fingere di dormire, restare immobile. E allora ti auguri di andartene con dignità, di non farti compatire, di lasciare un bel ricordo. Vedi tua moglie completamente distrutta, così esile che basterebbe un colpo di vento un po’ più forte per buttarla a terra; la tua bambina che gioca per la stanza, che corre da una parte e l’altra e ti dice “papà, gioca con me”, ma tu, inerte nel letto di morte, non hai nemmeno la forza di sorriderle. Sai che la malattia ha vinto, che è stata più forte di te. E che la morte è lì che ti accarezza gli occhi. Ma sai anche che può prendersi la tua vita, non il tuo cuore. Tutto l’amore dato non va via mica così. Rimane attaccato alle pareti di casa, a quelle dell’anima. E poi resta pure in superficie, sulla pelle di chi l’ha ricevuto. Per questo io ti stringo ogni giorno più forte. Ti lascio un po’ di amore che magari ti servirà per affrontare la vita, i giorni brutti e anche quelli belli. Ti saluto ogni giorno perché non si sa mai, perché forse potrebbe essere l’ultimo. Ma non ti dico addio, tranquilla. Gli addii in fondo non esistono. E anzi dovrebbero toglierli dai vocabolari, dal linguaggio comune, dalle parole di ogni giorno. Nessuno dovrebbe dirsi addio. Nemmeno gli innamorati alla fine di una storia d’amore. Non va via nulla. Resta tutto qui con noi. E anche io che tra poche ore chiuderò gli occhi per sempre in realtà sarò ancora qui, accanto a te. 

Adesso però ti saluto per davvero, piccola mia. Non ti dico addio, no. Ti dico ciao. 

Ciao amore, fai la brava e non fare arrabbiare mamma. Ricordati che sono qui, che non me ne sono mai andato. Non pensarmi al buio, sotto terra, con il cuore spento e la bocca cucita. Immaginami accanto a te. Cercami negli occhi di chi ha bisogno di un po’ d’affetto, nei gesti gentili, negli sguardi schivi che sembrano non aver bisogno di nulla e invece hanno bisogno di tutto. Mi troverai lì, pronto ad abbracciarti, a ripeterti che sono fiero di te e della nostra poesia.

*Marika Stapane, avvocatessa, scrittrice

Marika Stapane