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Zarathustra e la morte di Dio

Un nuovo inizio secondo Nietzsche

Quando Zarathustra proclama: «Dio è morto», Nietzsche non parla del Dio cristiano teologico, ma di un “dio” creato dall’uomo per rispondere alle sue paure. Questo dio non rappresenta il divino, ma un insieme di dogmi e valori antivitali costruiti dalla cultura occidentale che ha rinunciato al dionisiaco, ovvero al carattere vitale e immanente della realtà. Distruggere questo dio significa per Nietzsche eliminare una narrazione che ha reso l’uomo schiavo di illusioni. 

La civiltà occidentale ha rifiutato la vita nella sua totalità, preferendo l’apollineo, fatto di razionalità, ordine e virtù, al caos creativo del dionisiaco. Questo ha prodotto un mondo “apparente” dove gli uomini, intimoriti si affidano a narrazioni protettive. Così nasce l’uomo cammello: passivo, piegato sotto il peso di obblighi e paure, accetta una vita castrante, rinunciando alla propria libertà profonda. Ma per Nietzsche, l’uomo cammello deve trasformarsi. 

Zarathustra non si limita ad annunciare la morte di Dio. Annuncia anche l’avvento dell’oltreuomo. La metamorfosi passa attraverso tre stadi: cammello, leone e infine bambino. L’uomo cammello evolve in leone quando trova il coraggio di affrontare il drago della vita e la paura del destino, abbracciando la realtà nella sua totalità, dolore incluso. È un atto di ribellione che richiede forza e determinazione per rifiutare le false interpretazioni del nulla. 

Il leone, però, non è il punto finale. Per accedere alla condizione del superuomo, l’uomo deve farsi bambino. Il bambino rappresenta la capacità di creare, di plasmare il mondo secondo la propria volontà di potenza, libera da paure e vincoli. Questa è la genialità della proposta di Nietzsche. Solo il bambino, simbolo della libertà creativa e della gioia innocente, può essere veramente oltre. Il bambino distrugge i dogmi degli adulti e costruisce la propria realtà in accordo con il dionisiaco. Ma perché Nietzsche affida proprio a Zarathustra questo messaggio rivoluzionario? 

Zarathustra, nella storia religiosa, fu il primo a parlare di morale. Nietzsche immagina che, rendendosi conto dell’errore di aver creato un sistema che ha ucciso i valori vitali, Zarathustra torni per dichiararne il fallimento e preparare l’avvento dell’oltreuomo. Questo passaggio si inserisce in una visione più profonda. Quella dell’eterno ritorno. 

Nietzsche vede il tempo come circolare, dove ogni cosa ritorna incessantemente. Accettare questa prospettiva significa abbracciare la vita in ogni suo aspetto, con il coraggio di riviverla infinite volte. Per il superuomo, questo non è un peso ma una liberazione, perché l’eterno ritorno permette di vivere con intensità, senza fughe, diventando padrone del proprio destino. 

Il superuomo nicciano non teme l’esistenza. Accetta il dolore, il piacere e ogni sfumatura della vita come parte della sua patria, che è la terra. Si libera dalle costrizioni razionali e utilitaristiche per farsi creatore di sé e della propria felicità, raggiungendo l’autentica libertà.

*Stefania Romito, giornalista e scrittrice