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Napoli e la scoperta dell’uomo Caravaggio

Napoli dedica la primavera del 2024 a Michelangelo Merisi e diventa capitale della Caravaggio-mania. Ben quattro opere sono a disposizione per lasciarsi affascinare dalla potenza delle immagini create dal grande pittore lombardo. A Palazzo Piacentini,  sede delle Gallerie d’Italia, nella centralissima Via Toledo, troneggia il “Martirio di Sant’Orsola”, dipinto nel 1610, a poche settimane dalla sua drammatica morte. Presso la chiesa e la Quadreria  del Pio Monte della Misericordia, in Via dei Tribunali, è possibile ammirare lo splendido olio su tela “Le sette opere di Misericordia”,  realizzato tra la fine del 1606 e l’inizio del 1607 su commissione della Congregazione del Pio Monte per volere di Luigi Carafa-Colonna. Dal 2 marzo al 16 giugno 2024 si potrà apprezzare presso la Fondazione Banco di Napoli il dipinto “La presa di Cristo” nota in due originali e quindici copie. La prima versione è quella esposta attualmente a Napoli e possiede ancora la sua cornice arabescata in oro. Infine, a Palazzo Donnareggina, in mostra, di ritorno dal Louvre, fino al 31 maggio, “la Flagellazione di Cristo”, conservata a Capodimonte, dipinta nel 1607 per la famiglia de Franchis e la chiesa di San Domenico Maggiore. 

Una vera e propria immersione nell’arte di Caravaggio accompagnata da un interesse eccezionale per la sua vita avventurosa, in bilico tra enigma e complotto. Sia il pubblico specializzato che quello popolare si nutre di una curiosità sempre maggiore per qualsiasi aspetto dell’esistenza e dell’opera dell’artista, desiderando di continuo nuovi fatti, ipotesi, dipinti, che arricchiscano la biografia di Caravaggio. Non c’è attualmente un artista che vanti un numero così consistente di studi e di pubblicazioni critiche e narrative, un hashtag che garantisce diffusione a libri, riviste, trasmissioni. La sua bravura gli assicurò un successo immediato e crescente. Tuttavia, accanto alla protezione e al favore dei suoi committenti, l’invidia dei rivali e il carattere orgoglioso non gli risparmiarono disavventure giudiziarie, fughe precipitose, una morte improvvisa. 

Elio Barbati con il suo saggio “Alla scoperta dell’uomo Caravaggio “edito da Kairòs, pone l’accento sulla ricostruzione storica, non romanzata, del personaggio. Lo studio è realizzato attraverso il riepilogo di numerose ricerche che gli storici dell’arte e gli studiosi hanno portato avanti negli ultimi trent’anni. Si tratta, soprattutto, di nuovi documenti ritrovati nell’Archivio di Stato Vaticano e in quello romano, contratti, scritti, lettere, registri del Tribunale e numerose fonti dell’epoca, che restituiscono un’immagine insolita del pittore, mettono in risalto le caratteristiche di un uomo colto e sensibile che, “non volendo mai chinare la testa, – sottolinea Elio Barbati – si fece diversi nemici”. Ancora oggi, senza conoscere i materiali più recenti, c’è chi si ostina a riproporre l’inesatta definizione di “pittore maledetto”, consolidatasi nel tempo. Una descrizione ormai del tutto sorpassata e smentita dalle discussioni critiche dei migliori studiosi di Caravaggio che stanno rileggendo e reinterpretando le ostili biografie secentesche, un tempo considerate come veritiere e imparziali. Le ultime analisi evidenziano una evidente faziosità volta a denigrare l’opera e a cancellare la memoria del Merisi. Tra i suoi più acerrimi nemici gli accademici dell’epoca che di fronte alla sua tecnica innovativa premiata dal favore dei facoltosi ecclesiastici e delle nobili famiglie, imbastirono insulti, provocazioni e cospirazioni. 

Elio Barbati ricostruisce con attenzione l’ambiente culturale del tempo in cui era in uso portare un’arma per difendersi e dove l’aspetto finanziario giocava un grande ruolo, con vere e propri clan di artisti che operavano con metodi leciti e illeciti per assicurarsi l’assegnazione di importanti opere pubbliche nelle chiese e nei palazzi nobiliari. Al contrario, il gran numero di benefattori e di amici, di colti intellettuali e poeti che favorirono il Caravaggio ci racconta di una personalità irruenta e anticonvenzionale e, al tempo stesso, generosa e ironica, animata da una profonda spiritualità più vicina a quella di San Filippo Neri, di Carlo e Federico Borromeo, di San Francesco e dei movimenti pauperistici dell’epoca piuttosto che a quella della Curia papalina. La sua religiosità s’ispirava alla vita reale, al mondo degli umili, dei pellegrini, dei bisognosi e trasferiva sulla tela la devozione e il sentimento popolare, i valori della Chiesa delle origini.

Ricco di curiosità è il capitolo che l’autore dedica ai ritratti di Caravaggio, che non rappresentano né una firma né un’autocelebrazione, ma sono la prova della sua fede intensa.  Il volto del pittore si ritrova soprattutto in drammatiche scene di martirio dei santi cristiani o della vita terrena di Cristo, quale testimone oculare di un evento sacro e tragico. Il suo nome, inoltre, come testimoniato da diverse ricevute di pagamento e da un documento scritto di suo pugno, sarebbe Michel’Angelo e il vero cognome dovrebbe essere Merisio e non Merisi, piccoli particolari che ci rammentano quanto sia difficile e minuziosa la ricerca storica.

Un libro che ci pone davanti alla monumentalità realistica, alla teatralità coinvolgente, alle sorprendenti soluzioni tecniche del geniale artista con una consapevolezza più matura e più rispettosa dell’individualità di Michel’Angelo, che rende giustizia all’uomo e arricchisce lo spettatore di nuovi spunti di riflessione.

Le mostre napoletane diventano un’opportunità per provare concretamente il nuovo punto di vista proposto da Elio Barbati, per ammirare con uno sguardo inconsueto il pittore Caravaggio. Un’occasione imperdibile per apprezzare l’Arte con razionalità e usarla per guardarci l’anima.

*Fiorella Franchini, giornalista