VerbumPress

Maria Rosaria Selo, Pucundria, Marotta&Cafiero

Lo sviluppo della narrazione riserva al lettore un intreccio ricco di colpi di scena

Prima della chiusura per questioni connesse alla recente crisi bradisismica e ai conseguenti problemi di sicurezza, il carcere femminile di Pozzuoli ospitava circa centocinquanta detenute: realtà complessa e ricca di sfaccettature che Maria Rosaria Selo ha posto al centro del nuovo romanzo, Pucundria (Marotta&Cafiero editori).

La vicenda si apre con il simultaneo arrivo tra quelle mura di due donne. La prima è Teresa Ricciolo, agente della penitenziaria al suo primo giorno di servizio nel carcere flegreo; l’altra è la detenuta Anna D’Abbraccio, che vi giunge ammanettata con l’accusa di omicidio del compagno. A dispetto dei ruoli, tra le due donne si stabilisce un’istintiva intesa basata sul fatto di essere state entrambe vittime di violenza. In particolare, Teresa ha una figlia che non le perdona d’avere puntato la pistola d’ordinanza in faccia al marito e di averlo fatto scappare di casa, ma alla quale non ha mai spiegato che quella lite era avvenuta perché l’uomo voleva costringerla ad abortire. Ed è quella furia omicida, da lei allora controllata per un pelo, che adesso le fa sentire una profonda affinità con l’altra donna, appena reclusa: «Al di là della cella numero trentadue ci sono io, l’altra me stessa. Anna D’Abbraccio è la versione di me, perfetta assassina, compiuta e convinta». Lo sviluppo della narrazione riserva al lettore un intreccio ricco di colpi di scena, che non anticipiamo. Ci limitiamo a osservare, invece, che sin dalle prime pagine emergono i temi di fondo del romanzo: il richiamo al principio di presunzione d’innocenza e la comprensione delle “battiture di protesta” delle detenute le quali «sostengono che non ci sia giustizia nel tenerle segregate per tanto tempo come le assassine»; il problema del sovraffollamento che è «la prima piaga della detenzione» poiché la rende una mera punizione e vanifica ogni seria iniziativa di recupero.

Romanzo pregevole per la fluidità dello stile, ma anche per la conoscenza diretta e approfondita della materia affrontata.

*Raffaele Messina, scrittore