Le foibe: una questione collettiva
Non solo storie di persone che non ci sono più, ma Storia che deve ancora essere scritta
Le foibe sono presenti nell’area della “frontiera orientale”, tra ex Jugoslavia e Italia, ma anche in altre regioni italiane; in esse morirono migliaia di persone, le cui identità si stanno a poco a poco ricostruendo.

In un articolo apparso su “Liberation” il 14 agosto 2009 lo storico Julien Sapori esprimeva l’auspicio che la conoscenza della tragedia delle foibe potesse permettere di comprendere meglio i meccanismi immutabili di pulizia etnica, ancora presenti in Europa. Lungi dall’essere diventato un affare a carattere universale, questo è ancora un tema poco conosciuto e non molti sanno che tali inghiottitoi si trovano pure in Veneto, come la foiba di Monte San Lorenzo. Infatti, durante la guerra civile che lacerò l’Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 vennero coinvolte negli eventi bellici sempre più spesso figure estranee al conflitto, come la famiglia Tescari, i cui corpi giacciono sotto un’anonima croce nel cimitero di Gambugliano. Guerrino, milite della RSI, sua moglie Assunta e il loro figlio tredicenne, Angelo, dopo essere stati derubati e tenuti prigionieri per diversi giorni, il 25 aprile 1945 furono gettati assieme ad altre 12 persone all’interno della foiba menzionata. Assunta aspettava un bambino e, perciò, il numero delle vittime della tragedia sale a 16.

A Tonezza (Vi) il giorno 1° maggio 1945 morirono 19 soldati nazisti e una coppia di italiani, Gino Pernigotto e Bruna Triestina Sesso, che scontò tale pena semplicemente per il fatto che il fidanzato era un soldato della RSI. Ancora, ricordiamo il bus (o buco) della Spaluga di Lusiana (Vi), teatro di una terribile vicenda, di cui fu protagonista Ortensia Moras. Secondo il racconto riferito da un partigiano e riportato in Lacrime della mia terra di R. Cappozzo, Ortensia lavorava alla mensa dei tedeschi nella sede del comando di Asiago e forse fu qui che conobbe un ragazzo, che iniziò a corteggiarla. Allora “alcuni biechi individui del paese, spinti da invidia e malvagità, idearono un piano agghiacciante”, facendo circolare voci che Ortensia fosse una spia al servizio dei tedeschi. Prelevata a casa, alcuni partigiani la costrinsero a seguirli nel bosco fino alla voragine; qui la torturano, violentarono e poi la gettarono dentro al baratro ancora viva tanto che una ragazzina, che pascolava le capre poco lontano, sentì le sue urla disperate.

Esiste poi la foiba di San Benedetto a Campastrino nel Comune di Riccò del Golfo (La Spezia), nella quale avvennero ben 2 eccidi, che coinvolsero un centinaio di vittime tra aprile e maggio 1945, ancora da identificare.

Queste non sono solo storie di persone che non ci sono più: sono esse stesse la Storia che deve ancora essere scritta perché finalmente quella delle foibe non sia più una questione “di confine”, ma diventi davvero di tutti.
*Valentina Motta, scrittrice