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La cinematografia di Quentin Tarantino

La filosofia pulp attraversa stili e tempi, dallo storico all’esilarante, conservando sempre quella carica di novità e di insolente brio

La cifra della cinematografia Tarantiniana è il rovesciamento. I ruoli e le storie dei protagonisti si dipanano in una trama fatta di continui rimescolamenti.

I gangster iconici di “Pulp Fiction” vengono decontestualizzati dall’immaginario noir per assumere tratti e toni grotteschi, in una sorta di gioco di specchi in cui i gangster dipingono, di fatto, la macchietta di se stessi.

Il ritmo serrato delle battute affilate, che vengono a susseguirsi in scena, aiutano a comporre la concitata sequenza narrativa. Il montaggio ellittico, derivante dalla Nouvelle Vague francese, ed i colpi di scena rendono il racconto di Tarantino qualcosa di veramente unico ed innovativo. Nella scrittura della sceneggiatura Tarantino scrive su fogli colorati in cui si sviluppa l’idea di ciascun personaggio. Il bello è che l’autore ad un certo punto, come in una partita a carte, mescola il mazzo, ricreando ex novo fili narrativi inediti per riannodare le trame in modo originale e destabilizzante.

Anche il presente ed il passato si mescolano in caleidoscopici vortici di storie che appaiono, così, sempre nuove e mai scontate. 

A completare il tutto ci pensano le fenomenali e azzeccatissime colonne sonore, mix and match sempre gradevole e modaiolo, in cui si recuperano pezzi da novanta della storia della musica ed interpretazioni talvolta assai rare degli stessi, che denotano la sapiente conoscenza del regista sia sul fronte musicale che su quello cinematografico. 

Tarantino, nelle sue miscele esplosive, compone capolavori rielaborando in chiave del tutto personale e anacronistica elementi del cinema d’autore con B-movie divenuti nel tempo dei veri e propri cult.

E così il ballo di coppia tra una giovane Uma Thurman ed un sempre verde John Travolta, già conclamato ballerino in “La febbre del sabato sera” e “Grease”, diventa tributo al cinema di tutti i tempi, svolgendosi, di fatto, in un locale dedicato alla Hollywood degli anni 50’.

Uma Thurman, attrice-feticcio di Tarantino, sarà la protagonista di un’altra pietra miliare “Kill Bill”. La leggenda vuole che Thurman e Tarantino tessevano già l’idea di “Kill Bill” durante “Pulp Fiction” ed infatti, nel dialogo tra la Thurman e Travolta si accenna ad un serial pilota in cui Mia Wallace-Thurman era la protagonista, insieme ad altre killer, di uno spin off dal titolo “Volpi Forza 4!”. Le belle e spietate killer prenderanno forma in “Kill Bill” solo diversi anni dopo.

Le colonne sonore dei film di Tarantino rappresentano la sintesi tra pop e musica d’autore. Basti pensare a “Hateful Eight” in cui il maestro Ennio Morricone,a lungo corteggiato da Tarantino sin dai tempi di “Django Unchained”, compone, orchestra e dirige le musiche del film. 

Tarantino mescola storie e riscrive anche la storia, reinventando la realtà.

In “Bastardi senza gloria” immagina la fine di Hitler per mano di una ragazza ebrea, Shoshanna, che si consuma sulle note di “Cat People” di David Bowie.

Oppure ancora in “C’era una volta… ad Hollywood” il tremendo crimine compiuto dalla Manson’s Family a Cielo Drive, quasi per una sorta di contrappasso, si svolge a parti inverse. Come sottofondo musicale lo struggente pezzo “Hotel California” dei Papas, le musiche country sulle cui note cavalca l’hippie Tex, i balli di Di Caprio con le Cheerleaders e, dulcis in fundo, nella scena di maggior suspense di tutto il film, le musiche tratte da Hitchcock, “Il sipario strappato” che cadenza le scene allo Spahn Movie Ranch.

Insomma, Tarantino, regala emozione pura. Non sempre le scelte stilistiche sono apprezzate, molto spesso dividono, come nella premiazione di “Pulp Fiction” del 1994 al Festival del Cinema di Cannes, ma certo il suo cinema non lascia indifferenti. La filosofia pulp attraversa stili e tempi, dallo storico all’esilarante, conservando sempre quella carica di novità e di insolente brio.

*Jean-Pierre Colella, docente

*Nicoletta Romanelli, docente

Jean-Pierre Colella