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La filosofia politica della grande paura. Come mantenere la razionalità (Gingko Edizioni, 2021)

Ermanno Bencivenga è un filosofo molto conosciuto, lavora negli Stati Uniti e ha pubblicato “La grande paura”, un saggio quasi censurato che dimostra la sua grande responsabilità di illustre cittadino. Lo studioso italoamericano analizza in modo molto razionale, limpido e scorrevole l’eccessivo allarmismo mediatico e l’ambigua gestione politica dell’emergenza sanitaria legata al nuovo Coronavirus (Gingko Edizioni, Verona, 2021, 126 pagine, euro 17; ha scritto più di 60 libri).

La premessa del professor Bencivenga è molto lineare: l’attuale deriva sociale legata all’emergenza sanitaria e parasanitaria “ha avuto un impatto paragonabile a una guerra mondiale” e “ha accelerato un processo di imbarbarimento della nostra umanità che era già in corso ma, in questa brusca accelerazione, ha acquisito una tragica evidenza” (prologo). La mente dei cittadini e di troppi professionisti della sanità e dei media è stata circondata dalla ragnatela quasi invisibile dell’ideologia assolutista del neoliberismo finanziario, che opera in modo conscio e inconscio, diretto e indiretto.

L’imbarbarimento è il risultato dall’avanzare totalitario del pensiero unico politico e mediatico che elimina ogni forma di vera critica a tutti i livelli (i grandi editori che avevano già collaborato con il filosofo hanno preferito non pubblicare il libro, per evitare le tematiche troppo scottanti). Il pensiero critico è fondamentale per mantenere in salute la vita sociale. Nel valutare una situazione bisogna soppesare il ruolo ingannatore delle emozioni, la priorità delle principali variabili in gioco e l’inevitabile conflittualità di alcuni punti di vista morali. Purtroppo solo le grandi personalità come Gandhi e Martin Luther King riescono a cogliere pienamente i punti di svolta della storia.

Dobbiamo riconoscere che la società occidentale è cambiata profondamente: le prime esperienze televisive di Ermanno Bencivenga rendevano possibile un dialogo costruttivo e produttivo, mente negli ultimi anni l’infantilizzazione mediatica e l’eccessiva femminilizzazione dei media a scopo commerciale, ha inquinato la tv da un eccesso di emozioni finalizzate ad attrarre l’attenzione in modo compulsivo, per spettacolarizzare tutti gli aspetti della vita sociale con inutili pettegolezzi.

Probabilmente questo processo culturale è stato favorito anche dalla nuova società narcisistica costituita da una forte maggioranza di figli unici (troppo arrendevoli e troppo influenzabili), a cui è mancata la fondamentale esperienza fraterna dei molteplici confronti tra due realtà simili ma divergenti. In effetti il sentimento umano e liberale di fraternità è evaporato come neve al sole. 

Secondo il filosofo anticonformista “Finché ci pieghiamo al ricatto comune rimaniamo sudditi, schiavi di qualsiasi misura più o meno sensata, più o meno incongrua” (p. 38). Inoltre la nostra società ha perso il valore della cultura della morte socializzata e condivisa in famiglia, per passare alla cultura della morte allontanata e medicalizzata, nelle case di riposo e negli ospedali (p. 39). La paura della morte è diventata un’esperienza del tutto personale molto difficile da gestire.  

L’opinione del filosofo sulla gestione dell’emergenza sanitaria è molto condivisibile: ci sono state “scelte politiche arroganti e dissennate. La presa di posizione ministeriale contro le autopsie; la testarda quanto ingiustificata insistenza su un protocollo di vigile attesa, a tutto sfavore di (efficaci) cure precoci e domiciliari; infine la propaganda a tappeto per “vaccini” che tali non sono, ma sono invece terapie geniche sperimentali, approntate in fretta e furia, in violazione di ogni parametro di ricerca scientifica e destinate a risultare un rimedio peggiore del male” (p. 12).

Inoltre i ricatti in stile mafioso imposti da molti governi, utilizzando cavilli legali ignobili, depone a favore di un futuro negativo per molte classi politiche (sono molto gravi gli assurdi confinamenti delle persone sane e gli obblighi vaccinali mediati dai Pass). Solo nazioni come la Svizzera, la Svezia e la Danimarca hanno cercato di rispettare in vari modi i diritti fondamentali dei cittadini. Anche in Giappone la classe politica e medica ha operato in modo molto più coscienzioso, seguendo l’esperienza risolutiva della prima epidemia di SARS, impostando delle terapie rapide e utili. Ad esempio il presidente dell’associazione dei medici di Tokyo promuove l’uso dell’ivermectina.    

Quindi in molti Paesi è in atto un corto circuito tra i tre principali poteri statali: legislativo, esecutivo e giudiziario. I governi impongono leggi ai parlamenti, o li aggirano con i decreti ministeriali, non rispettando le principali garanzie costituzionali, difese per molti decenni dai migliori politici e dai grandi giudici. Il lavaggio del cervello mediatico e governativo ha sedotto innumerevoli professionisti a tutti i livelli. Quelli che non sono stati sedotti preferiscono stare zitti per quieto vivere. L’opposizione è quasi scomparsa in molti parlamenti, la critica scientifica e morale è stata repressa nelle professioni mediche, legali e intellettuali. Le persone più critiche non possono apparire nei media tradizionali e vengono censurate su Facebook, Twitter e YouTube.

In ogni caso, “anche se il morbo fosse più grave, la politica non può fermarsi per questo: deve comunque essere aperto un tavolo dove gli interessi di chi vuole curare e debellare il morbo si confrontino con quelli di tutti gli altri” (p. 59). Purtroppo il professor Bencivenga non ha calcolato che gli industriali e i sindacati si sono piegati agli interessi del grande accentramento di potere governativo, nella speranza di poter ricavare i classici vantaggi personali o di categoria a breve termine (alcuni dirigenti sono semplicemente dentro al sistema, in modo diretto o indiretto).

Dopotutto “l’isolamento coatto è usato da regimi totalitari per annientare la personalità degli oppositori… socialità e umanità non ci verranno restituite gratis: senza che facciamo niente per riconquistarle. Saranno necessari piccoli e grandi atti… stimolati dall’intelligenza e dall’inventiva degli eroi del passato… atti di autonomia e di disobbedienza… un gesto d’affetto” (p. 87). In ultima analisi il conformismo della maggioranza è la peggiore dittatura, poiché agisce in modo invisibile e inconscio, e sopprime, giorno dopo giorno, sera dopo sera, i diritti inviolabili dei cittadini. 

Il 4 marzo 1933, durante il periodo peggiore della Grande Depressione, Franklin Delano Roosevelt inaugurò la sua presidenza con queste parole: “Sono convinto che se c’è qualcosa da temere, è la paura stessa, il terrore sconosciuto, immotivato e ingiustificato che paralizza. Dobbiamo sforzarci di trasformare una ritirata in un’avanzata”. La paura incontrollata acceca la mente e distrugge anche le relazioni più sane e più forti, che fissano la struttura portante della società. L’eccessivo allarmismo derivante dalla paura dell’invisibilità di un virus poco noto, e stranamente molto trasformista, potrebbe prosciugare la vera essenza della nostra umanità per molti anni.    

Nota di psicologia sociale delle masse – Il primo studioso della psicologia della folla scrisse:  “Le masse non hanno sete di verità. Si allontanano dall’evidenza che non è di loro gusto, preferendo deificare l’errore, se l’errore le seduce. Chi può fornire loro illusioni diventa facilmente il loro padrone. Chi tenta di distruggere le loro illusioni diventa sempre la loro vittima” (Gustave Le Bon). 

*Damiano Mazzotti, citizen journalist

Damiano Mazzotti