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Dai Campi Flegrei, lo stile Slow Fashion di Giusy Marfella

L’antropologo francese Claude Lévi-Strauss riteneva la moda “un fenomeno sociale intimamente connesso all’attività inconscia dello spirito”, quasi un segno di quel gusto ideale che affiora nel cervello e rende il quotidiano atto del vestirsi un rito al di sopra della banalità del vivere.  Nasce solo in parte dalla necessità umana di coprirsi con tessuti, pelli o materiali lavorati per essere indossati; subito dopo la preistoria l’abito assume  precise funzioni sociali, atte a distinguere le varie classi e le mansioni sacerdotali, amministrative e militari. Interessarsi agli aspetti della moda costituisce un problema tutt’altro che futile, perché affonda le sue radici nella religione, nella politica, nell’arte, nell’economia, è un argomento, ribadiva nel 2008 Gillo Dorfles, che “ incide nelle strutture profonde del costume, della società, del gusto.” Nella nostra contemporaneità, caratterizzata da complesse trasformazioni ambientali e sociali, diventa impossibile non chiedersi quale sia l’impatto dell’industria del Fashion. A fronte di un indotto economico importante che offre reddito e posti di lavoro, la produzione di abiti e accessori è una delle cause principali dell’inquinamento del nostro pianeta, al secondo posto nella ferale classifica, dietro solo al petrolio.  Secondo le ultime statistiche causa il 20% dello spreco globale di acqua e provoca il 10% delle emissioni di anidride carbonica, preoccupante è l’utilizzo di pesticidi e insetticidi per la coltivazione delle fibre. Inoltre, l’85% dell’abbigliamento finisce in discarica e solo l’1% viene riciclato, assai diffuso è lo sfruttamento della manodopera nei paesi in via di sviluppo e l’utilizzo del lavoro minorile. Numeri drammatici di un disastro annunciato che richiedono un ripensamento complessivo del nostro stile di vita e di produzione. Il cambiamento parte proprio da artisti come Giusy Marfella, fashion designer e creatrice del brand ecosostenibile Marfella. Nata a Pozzuoli, dopo l’Accademia di Belle Arti ha iniziato a occuparsi di costumi teatrali, frequentando sartorie e collaborando come sarta di scena. Un approfondimento professionale intenso e continuo che l’ha portata a lasciare i Campi Flegrei per esperienze lavorative prima in Emilia Romagna, poi nelle Marche e, infine, in Veneto. Tornata in Campania, ha iniziato un percorso di sartoria da uomo, entrando far parte dell’Associazione dell’Accademia dei Sartori come Maestro Junior, partecipando a importanti eventi come la sfilata del 38° Congresso Mondiale dell’Alta Sartoria e il Concorso Manichino D’Oro. Il ritorno nella terra natia fa maturare in Giusy una consapevolezza volta all’eco-sostenibilità e alla sperimentazione di un diverso approccio alla creazione e al consumo degli abiti.

Giusy che cos’è lo Slow Fashion? Il movimento slow nasce negli anni novanta come forma internazionale di protesta contro la rapidità della cultura moderna. Slow, “la lentezza”, non riferita al tempo, ma percepita come indice di una maggior consapevolezza in ogni attività quotidiana e fonte potenziale di esperienze appaganti per le persone e le comunità. L’approccio slow ha la capacità di narrare una storia, di tessere mondi e di accogliere lo stupore nella comune esperienza della vita quotidiana.

A cosa t’ispiri per le tue creazioni? L’ispirazione parte dalla natura intesa come generatrice di ciclo vitale. Le mie creazioni nascono mixando la creatività partenopea sartoriale, l’arte del plissé, e l’accuratezza e il fascino del design nipponico, l’antica arte della tintura a riserva shibori. L’identità forte di due culture legate dalla bellezza espressa in tradizioni e arti.

Spinta dal forte senso estetico giapponese  la stilista, ha utilizzato l’antica tecnica per riversa detta shibori, una pratica di decorazione del tessuto  in auge durante il periodo Edo della storia del Giappone, e che consiste nel legare o manipolare il tessuto e immergerlo in un bagno di tintura che crea una sorta di fantasia astratta. Attraverso legature sapientemente definite le stoffe vengono bagnate nei colori che rilasciano sui tessuti disegni unici e magnifici. Tuttavia, l’incontro con gli imprenditori flegrei, ha convinto Giusy Marfella a occuparsi dei prodotti del territorio, adoperandoli per le sue creazioni artistiche. La Natura diventa espressione d’Arte attraverso le colorazioni naturali realizzate con le bucce del mandarino flegreo e della mela annurca. 

I Campi Flegrei, gli antichi Campi Ardenti, sono un luogo di miti ancestrali e Storia, qual è il tuo rapporto con il territorio e il suo passato? Il territorio è fondamentale per il brand Marfella, è la radice della terra nativa, come un germoglio nuovo in un terreno fertile della famiglia, un albero genealogico. E’ nella storia flegrea che fermenta e nasce la mia linea di moda. Importantissimi sono i riferimenti legati al Regno di Napoli, ai Romani e Greci, con tinture e tecniche che partono dalla botanica. La sfida è riscoprire e riportare antichi metodi rimasti trascritti in libri antichissimi e rari, dimenticati per generazioni.

Come ottieni i tuoi colori speciali? Diversi sono i processi di estrazione e le tecniche hanno sempre risultati differenti e bellissimi. I colori vengono estratti dalle bucce di alcuni frutti, piante con proprietà tintorie del territorio flegreo al quale appartengo. Una tintura naturale è come un abito cucito a mano e rimane un atto d’amore verso se stessi.

Quali materiali usi? Nella mia linea di abbigliamento i tessuti sono cotone bio, lino, canapa, bambù, ortica, lana e seta. Possiedono proprietà traspiranti per la cura della pelle, sono igrotermici e ipoallergenici.

 Con la collezione Estate Flegrea i cui capi sono stati colorati con gli estratti delle bucce di mandarino, Giusy Marfella ha rivoluzionato il concetto di moda portando l’eleganza e lo Slow Fashion anche nelle cerimonie e nel Wedding. Un concetto di sostenibilità che si approccia al rapporto uomo-natura, in un reciproco rispetto di cultura e tradizione: linee di abbigliamento “nature”, tessuti e tinture vegetali che rispettano la nostra pelle e l’ecosistema, mescolate alla bellezza estetica nel design shibori, trasformate dall’artigianato sartoriale e dalle tecniche di plissettatura come in un rituale. 

Giusy, il segreto è d’obbligo, ma come sarà tua prossima collezione? Dopo l’ultima, ispirata al linguaggio e al significato dei fiori HANAKOTOBA. ovvero “DILLO CON UN FIORE”, un omaggio alla donna e alla sacralità dell’animo femminile espressa nella rosa rossa, il trionfo della passione, il coraggio, la forza caratteristica della donna guerriera e sacerdotessa, custode del tempio dell’anima, la prossima collezione sarà rivolta alla donna che vuole affermare il suo punto di vista senza prendere una posizione, con consapevolezza, senza giudizi e pregiudizi, non per opporsi ma per esserci. 

Una moda che da puro business diventa filosofia, creata per durare nel tempo, rispettosa del lavoro, realizzata con materiali di qualità, che ha come obiettivi principali la salvaguardia del pianeta e il recupero di un’etica del consumo e della confezione. Ognuno può fare la sua parte per questo mondo che sta scegliendo dove andare, senza rinunciare alla creatività e alla bellezza. La dea dell’apparenza cederà la passerella all’atavica sapienza di Madre Natura?

*Fiorella Franchini, giornalista

Fiorella Franchini