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Intervista all’artista Nino Perrone

Nino Perrone è un artista che opera, da anni, a Bari e, già, da tempo, si sta affacciando su scenari europei partecipando a collettive e a rassegne di livello. Ha ottenuto successo di stampa e di critica con la mostra “Aniconisno Iconico”, dell’ottobre 2020, curata da Tiziana Todi, allestita nella nota e storica “Galleria Vittoria” di Roma, a Via Margutta, 103. Nino Perrone ha precisato, all’epoca: “Il tema è un esplicito riferimento al testo dello storico dell’arte e critico Giorgio di Genova, che ha inaugurato la mia personae e alla sua interpretazione dello stretto legame fra la natura e la produzione artistica. Le opere sono tutte caratterizzate da un tratteggio cromatico, che rappresenta la traduzione pittorica di alcuni aspetti della natura, che nel mio sentire generano vibrazioni emotive, forze energetiche e visioni di luce e colore.” Giorgio Di Genova ha scritto, tra l’altro: “Tutta la pittura di Perrone si ispira alla natura ed è una personalissima traduzione di aspetti di essa come è documentato dai suoi paesaggi e dalle marine, vere e proprie trasfigurazioni in ritmiche spatolate, taches, svirgolature, pois cromatici che in qualche caso convivono nella stessa opera come nel caso di Terra di Puglia.”

Puoi segnalare il tuo percorso di studi? Ho iniziato studiando presso l’Istituto Statale d’arte di Bari, dove mi sono diplomato e, dall’età di quindici anni, ho contemporaneamente frequentato diversi studi d’arte, fra cui quelli dello scultore A. Bibbò, dello scultore A. Bona e dello scultore Ferretti. La conoscenza dei fratelli Raffaele e Francesco Spizzico mi ha portato, successivamente, ad approfondire l’esperienza pittorica presso i loro studi e ad appassionarmi sempre più alla pittura.

Puoi raccontare i desideri iniziali e i sentieri che avevi intenzione di seguire? Inizialmente sono stato attratto dalla materia prima, l’argilla, e dalla possibilità di plasmarla a mio piacimento per poter realizzare sculture a tutto tondo o bassorilievi. È stata molto interessante anche l’esperienza di poter lavorare il legno, in particolare il cirmolo, tenero e adatto per creare sculture. In seguito, dopo aver frequentato gli studi dei fratelli Spizzico, ho sentito la necessità di confrontarmi con un linguaggio differente, la pittura, in quanto ho avvertito sempre più l’esigenza di vivere il colore con tutte le sue vibrazioni. 

Quando è iniziata la voglia di “produrre arte”? La voglia di “produrre arte” significa per me voglia di comunicare un “sentire interiore” carico di emozioni da lasciar esplodere all’esterno. La contestualizzazione di questo percorso intimo si estrinseca negli anni Settanta, quando ho cominciato a vivere la realtà artistica della mia città natale con la conoscenza dei pittori Spizzico, più da vicino, e di altri artisti come Stifano, De Robertis, Vacca, Montemurro, De Iudicibus, Calzi, Maresca, Prayer che frequentavano la storica galleria “La Vernice”, distintasi per l’organizzazione di mostre significative con grandi artisti fra cui Annigoni, Guttuso, De Chirico, Purificato, Cesetti, Piacesi. Era per me entusiasmante e stimolante poter incontrare e ammirare le opere di questi grandi artisti e confrontarmi a lungo con i personaggi che affollavano la galleria fra cui, ricordo, Don Armando Scaturchio, noto mercante d’arte indimenticabile per la sua disponibilità e competenza.

Mi puoi indicare gli artisti bravi che hai conosciuto e con cui hai operato, eventualmente “a due mani”? Nel mio percorso ho incontrato numerosi artisti con cui ho condiviso esperienze significative; pertanto, preferisco indicare quelli che ho sentito più vicini al mio modo di vedere e vivere l’arte, seppur con modalità e manifestazioni artistiche differenti. Mi riferisco a Lucia Buono, Miryam Risola, Lucio Gacina e Nicola Renzetti, miei colleghi del gruppo “I cinque di Bari”, così definiti dal critico d’arte Luigi Paolo Finizio, con i quali ho partecipato a collettive tra cui ricordo molto apprezzate quelle al Castello di Bitritto, al Castello di Trani, alla Chiesa Russa di Bari, al circolo Otium. Infine, ricordo anche la collaborazione con il pittore Franz Borghese per la realizzazione di una vettura in legno in occasione di un evento organizzato dall’azienda Fiat.

Quali sono le tue personali da ricordare? Sicuramente, la mia prima personale presso la Galleria d’Arte “Le Muse” di Bari nel 1976; a Bari ho, poi, esposto anchealla Galleria “Nuova Vernice”, lo “Studio Amaci” ed “ExpoArte”. Da ricordare (non in ordine cronologico) le personali a Bologna presso le gallerie “Arte Spazio Dieci” e “Gnaccarini”, a Ferrara presso “Galleria Alba”, a Milano presso le gallerie “L’isola” e “Rizzardi”, a Roma presso le gallerie “Il Parametro” (nel 1984 e nel 1986) e “Vittoria”, a Venezia presso le gallerie “Bonan Studio d’arte Due” e “Palazzo Albrizi Capello”, a Vienna presso la Galleria “BURN-IN”.

Puoi precisare i temi e i motivi delle ultime mostre? Il tema della mia ultima mostra, “Aniconismo Iconico” (Roma, “Galleria Vittoria” ottobre 2020), è un esplicito riferimento al testo del critico e storico d’arte prof. Giorgio Di Genova e alla sua interpretazione dello stretto legame esistente fra la natura e la mia produzione artistica. Le opere esposte, infatti, erano tutte caratterizzate da un tratteggio cromatico, che si manifesta come traduzione pittorica di alcuni aspetti della natura, che, nel mio sentire, generano vibrazioni emotive, forze energetiche e visioni di luce e colore. L’attenzione per la natura, del resto, è stato l’elemento portante anche delle mostre dal titolo “Natura – vita significativa” tenute a Vienna (Galleria BURN-IN, maggio 2018) e a Venezia (“Palazzo Albrizi Capello”, ottobre 2019).

Ora, puoi specificare, segnalare e motivare la gestazione e l’esito delle personali che hai concretizzato e delle esposizioni, tra collettive e rassegne importanti, a cui hai partecipato? La gestazione di una personale, in genere, è per me stimolo per la creazione di nuove opere; individuo il tema che, in quel momento, sento emotivamente più vicino al mio sentire e lavoro su di esso, cercando di coglierne tutti gli aspetti più significativi. Il risultato finale è così caratterizzato da una coerenza di idee ed espressione. Per quanto riguarda le collettive e le rassegne importanti, invece, solitamente scelgo tra i lavori già pronti un soggetto che si adatti al tema espositivo.

Dentro c’è la tua percezione del mondo, forse, ma quanto e perché? Ogni mio lavoro racchiude, inevitabilmente, il mio modo di vedere e sentire la realtà circostante, non solo perché ogni opera è frutto di me, della mia vita, delle mie relazioni ed emozioni, ma, soprattutto, perché è proprio dalla percezione dei miei sensi che nasce la mia ispirazione. 

L’Italia è sorgiva per gli artisti dei vari segmenti? La Puglia, il Sud, la “vetrina ombelicale” milanese cosa offrono adesso? Da sempre, l’Italia ha rappresentato la culla dell’arte, di movimenti e correnti, che hanno fatto storia, costruendo il nostro patrimonio passato, presente e futuro; tuttora in divenire. Sono convinto che la nostra nazione sia ancora fioriera di prospettive e opportunità di conoscenze e relazioni, sicuramente ben rappresentate dalla “vetrina milanese”, a mio avviso epicentro culturale di riferimento.

Quali piste di maestri hai seguito? Il mio percorso artistico nasce sicuramente con i grandi maestri locali Spizzico e Bibbò, dai quali ho appreso la tecnica e la ricerca di un’espressione naturale e spontanea che si traduce nel gesto pittorico. Successivamente, la passione e l’interesse per la pittura mi hanno spinto a frequentare numerose gallerie e mostre d’arte, individuando in Van Gogh, Kandinskij e Ligabue dei sentieri maestri su cui indirizzare la mia strada.

Pensi di avere una visibilità congrua? Penso che la visibilità sia sempre da rapportare al momento storico – artistico che si vive; quest’ultimo periodo è abbastanza critico per quanto concerne il rapporto con il pubblico e la collettività, pertanto parlare oggi di “congrua visibilità” significa per me pensare alle ultime personali realizzate, in particolare quella a Roma, che ha preceduto la seconda ondata della pandemia, e ai progetti futuri cui sono stato invitato a partecipare. Sono soddisfatto di quanto finora fatto in Italia e in Europa e punto ora a proiettarmi sempre più verso l’estero.  

Quanti “addetti ai lavori” ti seguono? Ultimamente, la mia produzione riscuote interesse sempre maggiore, sia da parte di critici e galleristi (Stefania Pieralice, Tiziana Todi, Salvo Nugnes, Giorgio Di Genova, Maurizio Vitiello, la segreteria del prof. Daverio solo per citarne qualcuno) che di giornalisti (tra cui Ivan Guidone, Livio Costarella, Stefania Vaghi).

Quali linee operative pensi di tracciare nell’immediato futuro? Le linee operative per l’immediato futuro fanno sempre riferimento alla natura, per me grande maestro d’arte e d’espressione; in riferimento a ciò ho già ripreso il tema del “maroso” (precedentemente esposto alla Tour Eiffel) in riferimento al periodo burrascoso che stiamo vivendo e che sto portando avanti con numerose nuove opere cui seguirà, successivamente, la ripresa del tema della “primavera”, da me intesa come rinascita di vita e ritorno alle bellezze della natura. 

Pensi che sia difficile riuscire a penetrare le frontiere dell’arte? Quanti, secondo te, riescono a saper “leggere” l’arte contemporanea e a districarsi tra le “mistificazioni” e le “provocazioni”? L’arte, in quanto rappresentazione caleidoscopica della vita in tutte le sue forme, contiene in sé linguaggi non sempre accessibili a tutti e, comunque, inevitabilmente, connessi alle esperienze personali di ciascun spettatore. Ritengo, pertanto, che chi si pone di fronte a essa con la mente scevra da pregiudizi di qualsiasi natura e con uno stato d’animo recettivo, pronto a cogliere le emozioni veicolate dall’opera, possa facilmente riuscire a leggere l’arte contemporanea, probabilmente molto più vicina al nostro mondo di quanto le provocazioni vogliano far credere.

I “social” t’appoggiano, ne fai uso? I “social” fanno ormai parte del quotidiano di tutti noi, investendo diversi ambiti della nostra giornata. Per questo, ritenendolo un elemento necessario della comunicazione odierna, soprattutto quando si vuole raggiungere un pubblico differente, più giovane, che con i “social” condivide appunto la propria vita, sono solito adoperarli utilizzando differenti canali.

Con chi ti farebbe piacere collaborare tra critico, artista, art promoter per metter su una mostra o una rassegna estesa di artisti collimanti con la tua ultima produzione? Un mio grande desiderio era la collaborazione con Philippe Daverio, storico dell’arte che ho sempre apprezzato per la poliedricità dei suoi interventi e per la lungimiranza con cui, a mio avviso, ha saputo cogliere l’importanza della comunicazione ad ampio spettro dell’arte moderna e contemporanea. Il mio più grande rammarico, ora, è esser arrivato ad un passo dalla realizzazione di questo progetto, inizialmente posticipato a causa delle restrizioni adottate a seguito della pandemia Covid-19 (una mia personale curata da Philippe Daverio era infatti programmata per maggio 2020 e poi rimandata a settembre, quando è sfumata per la morte improvvisa e inaspettata dello stesso Daverio). Nonostante la mostra sia ancora in programma per i prossimi mesi (data da definirsi) e l’idea di ciò che egli pensava del mio lavoro è ugualmente rilevabile dal testo critico che ha scritto per me; l’assenza fisica del Maestro lascerà sempre un grande vuoto.

Perché il pubblico dovrebbe ricordarsi dei tuoi impegni? Il pubblico ricorda ciò che gli piace e ciò che stimola il proprio interesse e le proprie emozioni … Spero di essere fra questi!

Pensi che sia giusto avvicinare i giovani e presentare l’arte in ambito scolastico, accademico, universitario e con quali metodi educativi esemplari? Ritengo che sia non solo giusto, ma doveroso presentare l’arte in ambito scolastico in considerazione della lunga tradizione di cui il nostro Paese gode e di quanto il ricco patrimonio artistico italiano sia da tutelare e preservare. Trovo naturale che ci sia un percorso di studi per chi vuole appartenere a questo mondo come protagonista, ma ritengo ugualmente necessario che le nuove generazioni sappiano cogliere l’importanza di quel che il passato ci ha regalato e, perché no, di quanto il presente potrà dare.

Prossime mosse, a Berlino, Londra, Parigi,…?  Prossime mosse fuori dall’Italia, ma, in considerazione del Covid-19, preferisco essere scaramantico …

Che futuro si prevede nel post-Covid-19? La previsione la lascio ai tecnici … per quanto mi riguarda solo la speranza di un futuro di ritorno alla normalità con la consapevolezza di quanto bella essa sia. 

*Maurizio Vitiello, critico

Maurizio Vitiello